sabato 17 agosto 2024

Una Giraffa nell'Armadio/3: LA NOTTE DEL GIRASOLE

 André Breton, Tournesol


da Clair de Terre, 1923

rivisitato in Amour fou, IV, 1937


À Pierre Reverdy


La voyageuse qui traversa les Halles à la tombée de l’été

Marchait sur la pointe des pieds

Le désespoir roulait au ciel ses grands arums si beaux

Et dans le sac à main il y avait mon rêve ce flacon de sels

Que seule a respirés la marraine de Dieu

Les torpeurs se déployaient comme la buée

Au Chien qui fume

Où venaient d’entrer le pour et le contre

La jeune femme ne pouvait être vue d’eux que mal et de biais

Avais-je affaire à l’ambassadrice du salpêtre

Ou de la courbe blanche sur fond noir que nous appelons pensée

Le bal des innocents battait son plein

Les lampions prenaient feu lentement dans les marronniers

La dame sans ombre s’agenouilla sur le Pont au Change

Rue Gît-le-Coeur les timbres n’étaient plus les mêmes

Les promesses des nuits étaient enfin tenues

Les pigeons voyageurs les baisers de secours

Se joignaient aux seins de la belle inconnue

Dardés sous le crêpe des significations parfaites

Une ferme prospérait en plein Paris

Et ses fenêtres donnaient sur la voie lactée

Mais personne ne l’habitait encore à cause des survenants

Des survenants qu’on sait plus dévoués que les revenants

Les uns comme cette femme ont l’air de nager

Et dans l’amour il entre un peu de leur substance

Elle les intériorise

Je ne suis le jouet d’aucune puissance sensorielle

Et pourtant le grillon qui chantait dans les cheveux de cendre

Un soir près la statue d’Étienne Marcel

M’a jeté un coup d’oeil d’intelligence

André Breton a-t-il dit passe



GIRASOLE


A Pierre Reverdy


La viaggiatrice che passò per les Halles al tramonto dell’estate

Camminava in punta di piedi

La disperazione faceva girare in cielo le sue bellissime grandi calle

E nella borsa c’era il mio sogno questa fiala di sali

Respirati solo dalla madrina di Dio

I sonni si dispiegavano come la nebbia

Al “Cane che fuma”

Dov’erano appena entrati il pro e il contro

La ragazza non poteva essere vista da loro se non male e di striscio

Avevo forse a che fare con l’ambasciatrice del cristallo salnitrico

O della curva bianca su sfondo nero che siamo soliti chiamare pensiero

Qui “il ballo degli innocenti” divampava al massimo

Lentamente tra i castagni si accendevano i lampioni

La dama senz’ombra s’inginocchiò sul Pont au Change

In via Giace-il-Cuore i suoni non erano più gli stessi

Alla fine le promesse notturne erano state mantenute

I piccioni viaggiatori i baci di scorta

Correvano ai seni della bella sconosciuta

Lanciati sotto il drappeggio dei significati perfetti

Una fattoria prosperava nel centro di Parigi

E le sue finestre davano sulla Via Lattea

Ma nessuno l’abitava più a causa di quanti la frequentavano

Di coloro che la frequentavano notamente più devoti dei fantasmi che la infestavano

Gli uni come questa donna hanno l’aria di nuotare

E nell’amore entra un poco della loro sostanza

Lei li interiorizza

Io non sono lo scherzo d’alcuna sostanza sensoriale

E tuttavia la cicala che cantava tra i capelli di cenere

Una sera alla statua di Étienne Marcel

Mi ha gettato un’occhiata d’intesa

André Breton, ha detto, passa



  1. ABBIAMO UN PROTAGONISTA!

Una vita in un fiore? Potrebbe sembrare una banale semplificazione, ma alla fine potremmo concludere proprio così.

Girasole di André Breton infatti scorre come uno tra i tanti testi surrealisti del primo periodo dell’autore, una bizzarra galleria di immagini paradossali o assurde senza soluzione di continuità in cui trovarsi sorpresi, disorientati, perplessi.

Potrei perciò passare subito sbadatamente ad altre poesie, scordarmi quasi totalmente di questi versi, eppure no, mi accorgo che in qualcosa non è una lirica come le altre: già alla prima lettura può saltare all’occhio un elemento particolare, poiché nella narrazione incoerente tipica dell’universo surrealista, fatta di salti e strappi ininterrotti, tipica della scrittura automatica, emerge una figura: abbiamo un protagonista!

Se infatti nel tipico racconto poetico bretoniano i tempi verbali si intrecciano, i luoghi compaiono e spariscono senza spiegazione (siamo a Parigi, sulla Senna, o in campagna? o nell’immensità della Via Lattea?), i personaggi compaiono e scompaiono nel totale mistero, riproponendo quella consueta aura di illeggibilità, qui invece vi è un elemento chiaro: in questa vicenda agisce una protagonista, questa donna di cui l’io lirico si innamora perdutamente, questa “viaggiatrice” (v. 1), che tiene nella borsetta il sogno di Breton (v. 4), questa giovane (v. 9) ambasciatrice della purezza (v. 10), una “dama senz’ombra” (v. 14), una “bella sconosciuta” (v. 18), “questa donna” (v. 24) per la quale si può parlare d’amore: una presenza fissa e centrale per tutta la durata della composizione.



  1. LA VIAGGIATRICE ESPLOSIVA

Proviamo a questo punto ad approfondire brevemente come viene connotata questa affascinante figura:

  1. È particolare che il primo sostantivo con cui appaia la protagonista sia “viaggiatrice”, ma proprio approfondendo nell’analisi i tratti di questo personaggio si scopre un tema che domina in tutto il testo. Rileggendo infatti le sue azioni, troviamo come passi e cammini (vv. 1-2), prosegua andando in questo locale, il “Cane che fuma” (v. 7) per scatenarsi in balli (v. 12) fino a ritrovarsi in giro per le vie parigine (vv. 14-15). Questo perpetuo e vorticoso movimento espresso dalla donna conquista il mondo circostante, come “i piccioni viaggiatori, i baci di scorta” (v. 17) agitati dalla sua influenza, i contrasti tra “il pro e il contro” (v. 8), tra bianco e nero (v. 11), e anche il ponte au Change, che collega la Concergierie e la riva destra della città, prefigura un passaggio e un movimento. L’autore stesso non ne è esente: nell’ultimo verso una cicala incantata certifica il movimento di Breton, che passa, muta, “eppur si muove”.

Da questa prospettiva anche il titolo prende forma e significato nuovi, tournesol, “girasole” in italiano: il riferimento è al popolare fiore che gira, appunto, inseguendo la luce del sole, e ora è facile rivedere in esso l’innamorato che si muove in funzione del movimento della “viaggiatrice”. Tutta la poesia è pervasa da un perpetuo cambiamento, dal MOVIMENTO, dalla prima all’ultima parola. 

  1. Non c’è solo movimento, ma anche fuoco e luce. La protagonista infatti è chiamata col titolo  di “ambasciatrice del cristallo salnitrico” (v. 10); il salnitro, ovvero il nitrato di potassio KNO3, è una delle componenti per polvere da sparo, razzi e fuochi d’artificio. Dunque c’è qualcosa d’esplosivo, ma d’altronde non siamo al “Cane che fuma” (v. 12), tra i castagni non si accendono i lampioni (v. 13), i capelli non sono di cenere (v. 26)? L’incontro con questa donna non può che essere ESPLOSIVO. Nel testo però la chimica circola e si mescola alle parole. Anche i versi infatti riecheggiano questo tema in “E nella borsa c’era il mio sogno questa fiala di sali” (v. 4). A detta di Breton nessun altro elemento avrebbe potuto rappresentare meglio questa ambasciatrice che il fosforo: “forse lei non brilla, d’altronde, come il fosforo, di tutto quanto il mio spirito racchiude di intenzioni particolari?”. Perché? Se da una parte la parola “fosforo” è composta dal greco phos, “luce”, e phorein, “portare”, quindi indica ciò che illumina nel buio, dall’altra questa passante misteriosa attraversa i luoghi oscuri, Les Halles come l’inconscio, portando la luce, nella notte della realtà come in quella onirica. Ecco il sale fosforescente del sogno e del mistero, ecco “la curva bianca su sfondo nero che siamo soliti chiamare pensiero”.

Questa viaggiatrice enigmatica, questa bella sconosciuta è una donna che crea movimento, una donna esplosiva.



3. AMARE L’IDEA DI POTER AMARE

Il movimento ininterrotto e l’esplosività di una cascata. Ecco, forse ora ho capito il punto: la poesia consiste dunque in una lode di questo moto generato dall’occhio del ciclone poetico, la donna, l’amore che deflagra stravolgendo l’ordine immobile e statico dell’esistenza, se non del cosmo intero (“l’amor che move il ciel e l’altre stelle”). Questi versi perciò forse non vogliono descrivere una situazione, ma le caratteristiche dell’amore, la sua potenza, e l’immagine più chiara che lo celebra è l’altro fiore nascosto nel testo, quello più riservato rispetto al girasole del titolo, la calla, che col suo stelo (una sorta di “curva bianca su sfondo nero”?) sembra legare terra e cielo, spirito e carne: forse non a caso il francese di calla, “arum”, è un anagramma di “amour”. 

Amare il pensiero stesso di poter amare: è alla ricerca di questo obiettivo che, attraverso procedimenti di condensazioni, trasferimenti e associazioni poetici, si arriva a creare questo collage di realtà e immaginazione, dati concreti e fantasie, che va ben oltre qualsiasi rappresentazione mimetica possibile: è la donna stessa a essere idea, a incarnare l’idea di amore.

Anni dopo, in Arcano 17 (1947), Breton suggellerà la necessità naturale e logica dell’amore scrivendo che l’umanità ha solo tre scelte che la portano alla luce: la libertà, l’arte e, appunto, l’amore.


4. LA NUIT DU TOURNESOL

Ora che abbiamo già gustato un poco dell’alchimia bretoniana, possiamo andare oltre e capire anche l’importanza che questa lirica ebbe per la carriera dell’autore.

Composta nel 1923, inizialmente ebbe un ruolo subalterno e non fu considerata un testo rilevante, neanche da Breton stesso che, dopo la prima edizione di Clair de Terre (1923), si dimenticò di inserirla nelle raccolte successive e non la pubblicò nemmeno su qualche rivista. Eppure tutto doveva presto cambiare.

La notte del girasole: questo è il titolo di un articolo che Breton pubblica anni dopo:  la notte del 29 maggio 1934 incontra al Café Cyrano, in place Blanche, una donna, “scandalosamente bella” e l’aspetta all’uscita del locale. Lei gli dà appuntamento a mezzanotte, al suo spettacolo, infatti è una ballerina acquatica al Coliseum, una vecchia piscina trasformata in music hall in boulevard Rochechouart. È così che i due trascorreranno tutta la notte passeggiando da Pigalle a rue Gît-le-Coeur, passando per Les Halles e la Tour Saint Jacques. È così che Jacqueline Lamba rivoluziona la sua esistenza e diviene la sua sposa poche settimane dopo, il 14 agosto dello stesso anno. E pochi giorni dopo  Breton si ricorderà di Girasole, trascurato per anni, lo rilegge a posteriori e, stupito e sopraffatto, ne ritrova una virtù profetica: Jacqueline è stata “l’onnipotente ordinatrice della notte del girasole”, come racconta per la prima volta in La notte del girasole nella rivista Minotaure n. 7 del giugno 1935, articolo poi ripreso nel quarto capitolo di Amour fou, 1937. 

Una poesia-profezia, visto che in questi versi del 1923 venivano preannunciati avvenimenti e personaggi di più di 10 anni dopo: nella “viaggiatrice” (v. 1) Breton riconosce la stessa Jacqueline, incontrata all’arrivo della sera, “il tramonto dell’estate” (v. 1), e che si esibiva in quel music hall in un numero di natazione, “l’aria di nuotare” (v. 24); e poi i “castagni” (v. 13) a cui proprio in quell’occasione aveva paragonato i capelli del direttore del locale; i “piccioni viaggiatori” (v. 24), un riferimento a un cugino della donna, dal quale lei aveva sentito parlare per la prima volta di Breton; persino il riferimento alle strade percorse combaciava.

Le promesse della poesia si erano pienamente realizzate, Breton era davvero passato a un’altra esistenza. D’altra parte il titolo rimanda in francese anche alla cartina di tornasole, che cambia il colore indicando l’acidità o la basicità di una sostanza, che quindi denuda e rivela la verità: la poesia è profezia dell’esistenza.


5. L’AMORE APRE, NON CHIUDE

Infine, lasciate che mi soffermi poche righe sul finale: “André Breton, ha detto, passa”. Al di là di un sottile riferimento alle case di tolleranza, “maisons de passe” in francese, che rimanda alla consumazione di questa passione, leggiamo un finale totalmente onirico, con questo grillo, questa cicala, che al centro di Parigi fa l’occhiolino al poeta, con un cenno d’intesa, ma anche un finale aperto, un passaggio che non conclude, ma che apre all’infinito delle possibilità. Non è forse questo l’approccio che ciascuno di noi ha con l’esperienza dell’amore, un’apertura a un mondo in cui il futuro è un incerto, affascinante mistero? 

Sì, ora è chiaro: in questo Girasole Breton non solo ha racchiuso una storia, ma ha profetizzato la propria vita. Forse però è possibile dire ancora di più, perché in questi versi ritroviamo tra le nostre mani quel filo, sottile quanto l’aria, coriaceo quanto il cielo, che lega anche la nostra esistenza concreta al sogno del vero. Un semplice fiore.