giovedì 30 agosto 2018

diogene

Poiché molti statisti e filosofi erano andati da Alessandro congratulandosi con lui, questi pensò che anche Diogene di Sinope, che era a Corinto, avrebbe fatto altrettanto, ma, dal momento che il filosofo non gli diede la minima attenzione, Alessandro si recò di persona a rendergli visita; e lo trovò disteso al sole. Diogene sollevò un po' lo sguardo, quando vide tanta gente venire verso di lui, e fissò negli occhi Alessandro. Quando il re si rivolse a lui salutandolo e gli chiese se volesse qualcosa, egli rispose
"Sì: spostati un po’ dal sole".

Plutarco, Vita di Alessandro, XIV


R. Guttuso, Fuga dall'Etna, 1939, GNAM Roma

ho discusso con la mia ombra
sottile e silenziosa come il sogno
"non smarrire
                       almeno tu
                                        il raggio del sole"
così ho visto di sfuggita sulla strada
che lei l'aspettava in auto
lui salì e si guardarono
non so il sapore che li unisce
e li separa so che i più vigili
lo dicono ostinatamente amore
non alzando mai le mie palpebre
navigai nella notte mischiandomi
con la nebbia e i fantasmi: fui io
un marinaio perduto? non persi
ardore e non affittai cuore cosicché
ai miei occhi comando "avanti"
c'è un motivo
                      ma non potremo
                                                 conoscerlo
ho visto bambini nelle sabbionaie
in cui ogni buca dubbiosa era quanto
gli antichi oracoli chiamarono futuro
saranno le mie sponde quelle
quella ti dico sarà america
quando le correnti seguono i venti d'avventura
e aprendo la portiera in un parcheggio
che nessuno più riconoscerà
sembrerà di essere a casa da sempre
nessuno più ci riconoscerà
è come una fotografia
che si ferma e una farfalla
solenne nella notte: ciò che è fragile
sostiene
             il respiro
                            di questo palco sabbioso
imparare a non parlare, attore,
e a non dire quello cui non hai dato nome
voi invece direte che li rubai tre biscotti
tre tarallucci quando il refettorio si era svuotato
non era per fame, solo per invidia
delle mie mani nude
e anche tra le camerate dei mondi perfetti
ben ordinati spolverati
traspare nitida la tristezza dell'umano
disperatamente nitida e incantata
ci rivedremo? può essere ha detto
è che siamo due corpi, mi chioso io, e due carni
e il refettorio, guardati attorno, si è svuotato
il profumo delle robinie sparso per i parchi
direte che rifiutai chi mi amò
se per capriccio respinsi una camicetta
avevo quattro anni per un pupazzo
ora ho ancora dentro il dolore della donna
che mi amò ancora
per il resto tenetemi 
                                mai vittima
                                                   ma innocente
scostati gli rispose Diogene
levati dal sole disse ad Alessandro
alle sue ricchezze all'impero
anch'io mi scostai dalla sua pelle arrossata
eravamo nel buio e non potevamo
noi non potevamo che sognare buio
siamo solo vento che soffia
e che deve soffiare per divenire vento
siamo solo acqua che scorre
e non può sostare se non morendo
siamo solo fuoco che infuria
siamo la fiamma affamata
siamo il prato dei nostri quattordici anni
che poi quattordici volte s'avvera
illude e secca
la parola amore
siamo allora luce e siamo pure
l'ombra che si frappone
e io parlo solo per me stesso poiché solo io
sono il filo rosso di questa strada che s'oscura
così dalla prigionia
                               la mia giraffa
                                                     fugge
e io mi scosto un po' da me stesso

R. Guttuso, La spiaggia, 1955, Galleria nazionale di Parma