mercoledì 22 luglio 2015

lezione di surrealismo n° 4: "noi rendiamo le luci felici" (miscellanea di a. breton)


più dolce del dolore di amare ed essere amato
ormai tocco soltanto il cuore delle cose ho in mano il bandolo
è giorno a sinistra ma è notte buia a destra
i pedali della notte si muovono ininterrottamente
gli uccelli si annoieranno
il mio cuore è un cucù per Dio
siamo i sospiri della statua di vetro che si solleva sul gomito quando l'uomo dorme
ma i nomi degli amanti saranno dimenticati
è l'azzurro. non hai niente da temere dall'azzurro
è più facile sbarazzarsi di una macchia di grasso che di una foglia morta
e la fiamma corre sempre
noi rendiamo le luci felici
cuore sentenza arbitraria

m'ha dato un'occhiata d'intesa
andré breton ha detto passa

V. Kandinsky, "Linee traverse", 1923


scriveva V. Kandinsky ne "Lo spirituale nell'arte":
"ogni opera d'arte è figlia del suo tempo, e spesso è madre dei nostri sentimenti.
analogamente, ogni periodo culturale esprime una sua arte, che non si ripeterà mai più. lo sforzo di ridar vita a princìpi estetici del passato può creare al massimo delle opere d'arte che sembrano bambini nati morti, prive di anima, come le imitazioni delle scimmie. [...]
attualmente però lo spettatore è quasi sempre incapace di emozioni. l'opera d'arte viene osservata con sguardi freddi e indifferenti. i conoscitori ammirano la fattura (come si ammira un acrobata) e gustano la pittura (come si gusterebbe una focaccia). le anime affamate restano affamate.
questa è arte che non ha avvenire, che è solo figlia del suo tempo ma non diventerà mai madre del futuro, è un'arte sterile; l'altra arte possiede invece una stimolante forza profetica, capace di esercitare un'influenza ampia e profonda.
la vita spirituale, di cui l'arte è una componente fondamentale, è un movimento ascendente e progressivo, tanto complesso quanto chiaro e preciso. [...]


la parola è un suono interiore e l'artista ovunque sa vedere la vita interiore".


non aggiungo molto altro, non ne sarei capace, ma sottolineo come dunque lo spettatore di questo secolo non può più rimanere come elemento passivo dell'arte, ma ogni forma artistica dovrà divenire frutto dell'ispirazione dell'autore e re-ispirazione del lettore

l'autore è ispirato nella creazione di un'opera, accostandosi alla quale il lettore dovrà dar vita a una nuova creazione, ri-creazione propria.
l'arte è così incrocio, dialogo, amore di due artisti, così finalmente lo spettatore si emanciperà divenendo protagonista attivo dell'evento artistico in atto.

per la ricerca di questa autenticità il mio linguaggio non sarà parlato, non sarà scrittura, ma sarà parlura, linguaggio interiore e intimo, parola sbrigliata e visiva, pensiero spontaneo e infantile.



mercoledì 15 luglio 2015

dis-moi quelque chose



non fatevi intimorire dalla lunghezza ma piuttosto datevi il tempo di lasciarvi trascinare dalla parola; aspettate almeno due minuti.
in questi versi ho voluto riprodurre il pensiero, questo pensare che non può essere inteso come un discorso intessuto ragionevolmente, ma è un fluire ininterrotto, un coro di voci di cui rimane solo il canto. perché l'illuminazione di un ordine cosmico s'infrange alle porte di un io scosso, forse l'io stesso viene meno, ma permane la sete di una voce, di un tu.

un grazie a quanti hanno collaborato: Anna Minotti, Alessandra Monti, Gisela Morante, Francesco Pini, Gianbattista Pini, Matteo Pini.





appoggiato a una panchina verde piazza vittoria
i passanti baldanti o tardi e leggeri
o lenti la freccia di qualche bicicletta il suo volo
catrame
che splende pure inespugnabilmente eburneo
gli sguardi il roboare storno di vetture vrooom
metalliche e tutto vrooom ha il suo tempo tutto
vrooom combacia con armonia (squilla
un messaggio) come una lira in mano a d-o
vrooom mi ha sussurrato clemente
d'alessandria con un cenno sottobanco
IL METRONOMO E IL COSMO mentre qui
(uozzàp) mormora
questo mio canto
santo affranto:

#
dis-moi quelque chose
nous courions nous
criions j'etait heureux
ce moment je me rappele mais
depuis
tutto quell'oro falso in grado di comprare un'intera vita
senza offrire un fiore
pareti bianche e pavimenti lucidi
i suoi lunghi ipnotici corridoi d'apnea
in cui ti ci specchi my curse my swan
non mi amavi neppure mi ricordi
ora καὶ πεσὼν ἐπὶ τὴν γῆν ἤκουσεν 
φωνὴν λέγουσαν αὐτῷ  dis-moi
quelque chose Σαοὺλ 
Σαούλ (fosfolipidi in gran misura)
der stein der stern ist
sternschnuppe anima vagula
blandula in your dirty
hands DIS-MOI
DIS-MOI QUELQUE CHOSE la morte
del cigno questo canto
merdre!
der stern der stein ist
steinbild in loca
pallidula rigida nudula
pelle del leviatano stesa all'ombra [di sé]
ma parla ma grida nella tua furia:
non ferrate i piedi dei prigionieri non!
quelli di hollywood attendono la sera per incontrare
le braccia glabre dei loro amanti
fosse possibile per un uomo semplice
solo
stringere i seni d'una dea bambina
poi spirando morire
fosse possibile!
s'il vous plait
the glass fallen from your big clumsy
hands il vino è a terra
היה הארץ יין
in nomine hominis amen
#

le rotte divengono linee a capofitto
(il y aura toujours une pelle au vent dans les sables du reve)
nella sera ascolto la nostra sesta
tu non ci sei più
e la lira scompare rimane
un appartamento di memorie
passano senza salutare
(ci sarà sempre una pala al vento nelle sabbie del sogno)
l'angoscia delle cose preme su un vaso di fiori
sfiniti e i miei occhi inchiodati su un materasso
troppo duro lo dicevi
tu
(il y aura toujours une pelle au vent dans les sables du reve)
colleziono anime morte in cassetti scassati
ne commercio con le mie valvole cardiache
coi miei occhi di nicotina questa
piazza è scomparsa
(siempre existera una pala al viento en las arenas de lo sueno)
tra le stelle marciapiedi hanno onde marine
hanno dune forse non ci sono neppure più
io ma incespica solo l'eco stonata
stanca del mio canto

dis-moi quelque chose

Yves Klein, Monocromo blu senza titolo, 1960