mercoledì 14 febbraio 2018

tata wa biso: il padre nostro in lingala, con note




tata wa biso
ozali o likolo
batu bakumisa nkombo ya yo
bandima bokonzi bwa yo
mpo elingi yo, basala yango o nse
lokola bakosalaka o likolo
pesa biso lelo bilei
bya mokolo na mokolo
limbisa mabe na biso
lokola biso tokolimbisaka baninga
salisa biso tondima masenginya te
mpe bikisa biso o mabe
amen

non so bene il lingala, lo parlo come uno straniero lontano poiché straniero lontano lo sono davvero, ma questo testo è come l'ho tradotto ogni volta dentro di me, ogni volta ogni giorno, per le poche parole che conosco. quanto dovrei ringraziare Claudine, Madimi e quanti me lo hanno insegnato: ringrazio ogni giorno il destino per averli incontrati nella mia vita.
adoravo dire "baninga", AMICI, al posto del nostro "debitori", adoravo sentire "guariscici" dal male, come nella versione francese, poiché il male è anche dentro di noi, eppure possiamo essere curati.
ciò che mi conquistava di più poi era quegli "uomini", perché, come nel lingala non si usano verbi impersonali, nella realtà ad agire nel mondo non ci sono volontà astratte, ma persone, con un volto, una storia, delle mani. i miei amici, vicini e lontani.  amici che "accolgono" il regno di d-o, perché esso non può germogliare senza noi uomini.
provate ora a leggerlo con me, a sentire i suoi suoni nuovi:

papà nostro
che sei nel cielo
gli uomini lodino il tuo nome
accolgano il tuo regno
per la tua volontà, lo facciano in terra

come lo faranno in cielo
dacci oggi il cibo
giorno per giorno
perdona il nostro male
come perdoneremo gli amici
aiutaci ad accettare il bisogno
e guariscici dal male
amen











domenica 4 febbraio 2018

nient'altro


tutto ciò che dobbiamo fare è aprire le mani e il petto per essere nudi come questa giornata di sole

il n'y a plus qu'à ouvrir nos mains et notre poitrine pour etre nus comme cette journée ensoleillée

a. breton - p. soupault, "campi magnetici"


giovedì 25 gennaio 2018

vento, firmamento e malaria



mi fa male scrivere
male alle dita male alla memoria
quando il vento si levava a Lamila
ciò che è più difficile è dimenticare
la storia si scrive sopra un'altra storia
mentre mundus senescit
sulla stanchezza dei nostri sguardi
poiché il vuoto esiste respira
io lo scorgo lo tasto io l'avverto
io anche se la natura ne ha orrore
del nulla è la fede
che fa divenire vere le cose
il rito genera il mito e poi le mattine
le gabole le giostre i gabbiani
cinque chili di merluzzo salato rane
pescatrici prego
la fede che le realizza e le crea
dalla sera in cui s'è perso il contatto e la vista
del cielo ci sfugge anche la luna nelle città
circolarità prodigiosa e periodica
[nelle grotte di Lascaux 29 punti
segnavano l'impronta divina
al cospetto del cosmo]
in un moto apparentemente perfetto
circolare uniforme tra epicicli dell'accidente
l'orbita è ellittica ecco l'infanzia
firmamento e figli di mortali discutono
[osservazione delle macchie solari - giugno 1613]
alla ricerca della prima luce
14 miliardi di soli fa
nel fondo di un cielo non distante
di una terra mai solida
quando il vento si leva a Lamila
"hai capito cosa avrei voluto dirti?"
chiese cingendomi la vita di piccole campanelle
"hai capito il suono passeggero di una cometa
e impervio?" interrogò senza stringere
monete in mano senza bisaccia: era un fiore
lussurioso e austero ecco l'infanzia
se è santa la preghiera santa è pure la reliquia
nel lago del nulla l'universo
è in espansione e l'elefante 
come si mangia? un boccone
un boccone alla volta
suggeriva il vento levandosi a Lamila



lunedì 8 gennaio 2018

del fatto che l'affanno è nemico della felicità


meno comodità si hanno e meno bisogni si hanno
meno bisogni si hanno e più si è felici

jules verne

H. Matisse, Nudo rosa seduto, 1935

giovedì 28 dicembre 2017

la danza dell'io, parafrasando Fichte

“perciò quell’attività dell’Io riferita al Non-Io non è affatto un determinare ma semplicemente una tendenza un tendere verso la determinazione un tendere infinito. questo tendere infinito è all’infinito la condizione della possibilità di ogni Io: nessun tendere, nessun oggetto, nessun soggetto”

J. G. Fichte