venerdì 9 dicembre 2016

magnificat anima mea


ora faccio fatica, a chiamarli poveri. forse non sono poveri, sono solo altro, forse i poveri sono altri, ma chissà chi o cosa sancirà chi, tra noi e questo mondo primo, sia veramente meglio. Forse siamo noi a non essere la normalità, ma l’eccezione.
Africa è come una donna che porta sulla testa il mondo. Il paese dove le lamentele e i pianti non hanno spazio, il paese dove la gioia non costa nulla.



molimo mwa nangai mokokubisa mokonzi
ma kokata ngulu siamo
qui. tra fufu muchicha pondu
e il salmone affumicato di Ariwara
le costellazioni cristalline di formicai
nayoki te nayoki te nayoki
il sole dalla mattina e nella notte le stelle
Orione accasciato a Oriente
Feni che non ha pantaloni infante
Grace che non ha padre per suo figlio
Colette che non ha riposo né soldi malata
e tutti che hanno lo splendore di coloro a cui non manca
nulla. na motema mobimba
la vita notre vie bomoi nangai
siamo nel campo di sangue (ari-wara)
tokata ngulu sul monte Morìa
hanno barattato l’ariete bianco
poiché i poveri puzzano e non hanno amici
hanno sgozzato Gemima figlia di Giobbe
e una mamma bambina
e quelle ridono più di Isacco
bakati ngulu: ogni respiro
è il bottino abbondante, senza sforzo
mica il trono affannato dei superbi
renvoie les riches les mains vides
e l’alba s’alza lieve all’estasi di
Colette che conosce l’amore
Grace che dondola l’uomo
Feni che sorride di occhi
e me che sono solo esule
di quest’eden tradito LA GLOIRE DE DIEU
EST L’HOMME VIVANT vivant
a Radio Simba balbetta un mundele grato
e l’eco di Tchaikovsky accoccolato
na motema ngolu na bana


molimo mwa nangai mokokubisa mokonzi: l’anima mia esalta il signore, inizio del Magnificat, in Lc 1, 46
kokata ngulu: ammazzate il maiale!
fufu muchicha pondu: cibi tipici della cucina congolese, nello specifico sono rispettivamente polenta di manioca, verdure cotte simili alle coste e foglie di manioca cotte
nayoki te nayoki te nayoki: non capisco non capisco capisco, ma anche non sento non sento sento
na motema mobimba: e tutto il (mio) cuore / e tutta la (mia) anima, ovvero continuazione di Lc 1, 46
bomoi nangai: la mia vita
tokata ngulu: ammazziamo il maiale!
il monte Moria è il monte del sacrificio di Isacco in Gn 33
bakati ngulu: ammazzano il maiale
renvoie les riches les mains vides: rimanda i ricchi a mani vuote, continuazione di Lc 1, 46
mundele: bianco
na motema ngolu na bana: per la grazia dei fanciulli

venerdì 2 dicembre 2016

Piccola Favola d'Africa


c’era una volta un bambino, una mamma e un leone.
c’era una volta in Africa un bambino, una mamma e un leone.
ad Ariwara, un lontano villaggio sperduto nell’Ituri, nell’estremità nordorientale del Congo, costantemente a 5 minuti dal nulla.
c’ero anche io, nascosto come uno straniero, a vivere questa favola dietro a un baobab.
allora, c’era una volta un bambino, che sorrideva, una mamma, che si affaticava, e un leone: no, il leone non è il protagonista e in questa storia in realtà non fa proprio nulla, scappa via nella savana, a Sud, verso Biringi.
il bambino, dicevo, sorrideva, accoccolato al dorso della mamma, che si affaticava in un campo di manioca, al mercato, in marcia sulla lunga strada di terra rossa. lunga fino a dove? lunga sino al sole.
quasi mi illudevo che bastasse così poco per una felicità.
alzarsi con l’alba, coricarsi nella sera in una capanna di fango e fogliame, una notte di silenzio e stelle senza sapere quel che avverrà domani.
quasi mi illudo che basti così poco per la felicità.
in effetti, direte voi, mancano ancora tante cose per essere felici, tante cose. le scorgo nei nostri occhi, tra le nostre mani, nei nostri pensieri. fatene un elenco rapido, anche senza pronunciarle ad alta voce: tante e tante cose davvero.
io mi fido di quel che dite, figuratevi, eppure quel dubbio mi rimane, che basti così poco per una felicità, un bambino accoccolato al grembo della mamma.
sarebbe troppo semplice, cercherete di convincermi, troppo sciocco e chissà quanti pericoli, senza tutte quelle altre nostre cose, e io vi ascolto, mi fido di voi, poiché siete delle persone serie.
ma sapete cosa succede, alla fine di questa mia storia? che il bambino sorride, che la mamma sorride e che, mi scuserete, sorrido anch’io.










venerdì 18 novembre 2016

Agnes - 5 ottobre 2016


nel cuore della notte e delle tenebre
“su all’ospedale! corri!”
l’insulina rapida manca rimane la mista
Dezu Agnes anni 12
orfana di madre e il padre in piedi
s’agita in qualche dialetto e la sorellina
dorme accucciata sotto il letto
Agnes sta morendo con una grossa lacrima
che è una stella di un cielo malato
piange Agnes va a morire
l’insulina rapida manca rimane la mista
e una preghiera nell’immensità in attesa:
che per questa notte sia sufficiente
gli ululati dell’ospedale
la risposta silenziosa della notte
le sue ossa scoperte sul materasso
io coi suoi occhi qui, a ripetermi:
l’insulina rapida manca rimane la mista



venerdì 11 novembre 2016

ESENGO - che significa gioia



sono dovuto divenire vecchio invecchiare
per vedere che quanto la vita insegna e predica
predica e impartisce rimane polvere
di menzogne LOKUTA NA BOMOI:
gli onori e l’orgoglio i pianti le tasse
la gente nei bar i pranzi le tasche
le strade e le case le parti le tarme.
sono dovuto scomparire
nel nulla per scorgere
che sono un’anima santa.
i mestieri la rabbia il profitto dell’impegno
le camere le foglie l’affanno e un regno
i privilegi e il protocollo dei primati il prezzo
la sete del possesso poi gli scarti
le scarpe scomparse per le scarpate
la fame di nuvole la fame
il viaggio dell’amore non conta i passi: i respiri
ad accarezzare la luce e le notti
la bambina dorme, stringe una frittella.



poiché le cose non sono mai come appaiono: sono molto più semplici.