giovedì 29 marzo 2018

love winter when the plant says nothing

o silenzio, zero dorato,
sole intramontabile

ama l'inverno quando la pianta tace
love winter when the plant says nothing

T. Merton


domenica 4 marzo 2018

pietre e viscere

quanto è più granitico, quanto è più inscalfibile in ognuno di noi, questo è ciò che respira dentro noi, che viscerale resiste alla burrasca e alle tempeste. resiste impulsivamente, così come istintivamente mostra la rotta tra le stelle della notte. queste pietre senza nome, che spesso ci paiono tanto pesanti, moleste e ingombranti, sono quanto più prezioso si agita in noi, più di quei diamanti, di quei gioielli dall'apparenza tanto graziosa e dalla forma tanto logicamente simmetrica: queste pietre scomode siamo noi. di questo parlo:



sento il mare la burrasca
non chiedermi
non chiedermi più nulla
che senso abbiano le eterne
viscere petrose
così mi avvicinerò senza parola
come cucciolo chinato
rachitico sono riversato sulla spiaggia
senza nome la ragazza
lei era stanca
e si addormentò
pensavo potesse sorridere
che potessimo sorridere, pensavo
e si addormentò
a ogni azione occorre
l'oblio suggerì f. w. nietzsche
poiché c'è un dio all'inizio
un dio alla fine di ogni gioia.



quanti tra noi sono disposti
a sabotare l'ordine
delle cose l'ordine perfetto dei propri 
soprammobili come pietre 
viscerali? tra noi 
nessuno. tuttavia
il fiore del deserto quanto
è più incantevole di un giardino
e tu che senso riterresti di offrire?
io voglio tornare a essere vento
e pattinare pattinare sul ghiaccio
un'ultima volta e senza fiato pattinare
poiché l'uomo che non riesce a scordare
colei per cui ha perso la testa,
bene, questo è uomo morto:
le nostre case dureranno meno di noi
tra queste pietre le viscere del cosmo
dove non esistono amori semplici
il ragazzo aveva un gatto
e questo gatto suonava una chitarra gitana
alla sera

G. De Chirico, Ettore e Andromaca, 1931

lunedì 26 febbraio 2018

sifa - nkembo na Ariwara

quando mi chiedo cosa sia pace, pace è questo canto di festa e pace è anche questa lettera d'amore, che non traduco, come per paura di rovinarne le parole.



sifa kwa mungu sifa kwa mungu djuni puni, AMANI dunia likwatu ema.
nkembo o likolo, o nse BOBOTO na batu na motema molamu.
gloria nei cieli, sulla terra PACE agli uomini di buona volontà.
chorale de Sainte Bakhita, Ariwara, 20 septembre 2016



Lettre d’un manifestant pacifique congolais à sa fille de trois ans,

Mon enfant,
ce dimanche, je sortirai. Il se peut que je ne rentre pas. Comme tous les soirs, tu guetteras mon retour pour me sauter au cou et m’embrasser chaleureusement.
Je ne pars pas pour casser ni voler le bien de quiconque. Je pars simplement marcher. Sans armes et sans haine. Je pars marcher pour que le Congo, notre Congo connaisse des jours meilleurs. Je pars marcher pour dire ouvertement mais pacifiquement à nos frères qui tiennent les mords du pays de le laisser aller vers des lendemains plus prometteurs.  Je pars marcher pour que l’espoir vous soit permis, à toi et à ceux de ta génération. La mienne a été sacrifiée par des politiciens égoïstes, toxiques et avides d’argent, courant constamment et aveuglément derrière l’enrichissement personnel et appauvrissant le pays au passage. Ils nous ont oublié. Ils ont vendu nos espoirs au moins offrant, sacrifié notre potentiel à l’autel de leur confort. Le pays n'arrête pas de sombrer.
Je ne vais rien faire d’illégal, simplement marcher, comme la constitution m’y autorise. Mais cela n’est pas sans risque. Car, Habitués aux acclamations imméritées, ils ne supportent pas la critique. Face à nos rameaux, ils préparent des mitraillettes. Aux bruits inoffensifs de nos pas, ils vont opposer des chars de combat, nos chants rencontreront le sifflement des balles.
Seulement, je refuse d'avoir peur, je refuse de reculer devant l’oppression, je refuse de cautionner la prédation d’État. sinon comment pourrais-je te regarder en face quand tu seras grande et te dire que je n’ai pas eu le courage de lutter pour ton avenir et celui de tous les enfants du Congo.
C’est pour toi, c’est pour eux que j'ai décidé de sortir. Si je ne rentre pas, sache que je ne t’ai pas abandonnée. J’ai simplement refusé de courber l’échine. Pour ma patrie et pour toi, mon enfant, je suis prêt à donner ma vie.

Ton papa qui t’aime.


mercoledì 14 febbraio 2018

tata wa biso: il padre nostro in lingala, con note




tata wa biso
ozali o likolo
batu bakumisa nkombo ya yo
bandima bokonzi bwa yo
mpo elingi yo, basala yango o nse
lokola bakosalaka o likolo
pesa biso lelo bilei
bya mokolo na mokolo
limbisa mabe na biso
lokola biso tokolimbisaka baninga
salisa biso tondima masenginya te
mpe bikisa biso o mabe
amen

non so bene il lingala, lo parlo come uno straniero lontano poiché straniero lontano lo sono davvero, ma questo testo è come l'ho tradotto ogni volta dentro di me, ogni volta ogni giorno, per le poche parole che conosco. quanto dovrei ringraziare Claudine, Madimi e quanti me lo hanno insegnato: ringrazio ogni giorno il destino per averli incontrati nella mia vita.
adoravo dire "baninga", AMICI, al posto del nostro "debitori", adoravo sentire "guariscici" dal male, come nella versione francese, poiché il male è anche dentro di noi, eppure possiamo essere curati.
ciò che mi conquistava di più poi era quegli "uomini", perché, come nel lingala non si usano verbi impersonali, nella realtà ad agire nel mondo non ci sono volontà astratte, ma persone, con un volto, una storia, delle mani. i miei amici, vicini e lontani.  amici che "accolgono" il regno di d-o, perché esso non può germogliare senza noi uomini.
provate ora a leggerlo con me, a sentire i suoi suoni nuovi:

papà nostro
che sei nel cielo
gli uomini lodino il tuo nome
accolgano il tuo regno
per la tua volontà, lo facciano in terra

come lo faranno in cielo
dacci oggi il cibo
giorno per giorno
perdona il nostro male
come perdoneremo gli amici
aiutaci ad accettare il bisogno
e guariscici dal male
amen











domenica 4 febbraio 2018

nient'altro


tutto ciò che dobbiamo fare è aprire le mani e il petto per essere nudi come questa giornata di sole

il n'y a plus qu'à ouvrir nos mains et notre poitrine pour etre nus comme cette journée ensoleillée

a. breton - p. soupault, "campi magnetici"


giovedì 25 gennaio 2018

vento, firmamento e malaria



mi fa male scrivere
male alle dita male alla memoria
quando il vento si levava a Lamila
ciò che è più difficile è dimenticare
la storia si scrive sopra un'altra storia
mentre mundus senescit
sulla stanchezza dei nostri sguardi
poiché il vuoto esiste respira
io lo scorgo lo tasto io l'avverto
io anche se la natura ne ha orrore
del nulla è la fede
che fa divenire vere le cose
il rito genera il mito e poi le mattine
le gabole le giostre i gabbiani
cinque chili di merluzzo salato rane
pescatrici prego
la fede che le realizza e le crea
dalla sera in cui s'è perso il contatto e la vista
del cielo ci sfugge anche la luna nelle città
circolarità prodigiosa e periodica
[nelle grotte di Lascaux 29 punti
segnavano l'impronta divina
al cospetto del cosmo]
in un moto apparentemente perfetto
circolare uniforme tra epicicli dell'accidente
l'orbita è ellittica ecco l'infanzia
firmamento e figli di mortali discutono
[osservazione delle macchie solari - giugno 1613]
alla ricerca della prima luce
14 miliardi di soli fa
nel fondo di un cielo non distante
di una terra mai solida
quando il vento si leva a Lamila
"hai capito cosa avrei voluto dirti?"
chiese cingendomi la vita di piccole campanelle
"hai capito il suono passeggero di una cometa
e impervio?" interrogò senza stringere
monete in mano senza bisaccia: era un fiore
lussurioso e austero ecco l'infanzia
se è santa la preghiera santa è pure la reliquia
nel lago del nulla l'universo
è in espansione e l'elefante 
come si mangia? un boccone
un boccone alla volta
suggeriva il vento levandosi a Lamila



lunedì 8 gennaio 2018

del fatto che l'affanno è nemico della felicità


meno comodità si hanno e meno bisogni si hanno
meno bisogni si hanno e più si è felici

jules verne

H. Matisse, Nudo rosa seduto, 1935

giovedì 28 dicembre 2017

la danza dell'io, parafrasando Fichte

“perciò quell’attività dell’Io riferita al Non-Io non è affatto un determinare ma semplicemente una tendenza un tendere verso la determinazione un tendere infinito. questo tendere infinito è all’infinito la condizione della possibilità di ogni Io: nessun tendere, nessun oggetto, nessun soggetto”

J. G. Fichte


venerdì 22 dicembre 2017

un bicchiere di latte

è venti giorni che non piove
viviamo in un mondo molto violento
e si annoti che nessuno di noi
può fuggire da questa violenza
e nascondersi là dove
vi sia un luogo senza scrittura un buio
che non conosca fondo un colore antico
dum romae consulitur
saguntum expugnatur
il mondo è pieno di cose cose
che non conosciamo tra le quali
io e te dietro ci sono tre fiere
e i trenta tiranni e un unico terrore ma
già gettarsi gettare un fiore nel profondo
abisso è un dono di giove che piove
giove piove
piove

G. Braque, Port Miou, 1907, Milano, Museo del 900