dedicata alla mia cara amica Chiara Capuzzo, alla quale, tra chiacchiere e piadine a pranzo, ho sottratto un sogno, tanto da renderlo un mio incubo: lo possiamo chiamare "furto onirico"? un'epigrafe che, attraverso l'equilibrio stantìo dei versi, alessandrini regolari, vuole sprigionare l'allucinazione spiazzante di questa armonica disperazione. horror vacui compreso.
all'isola sola giunsi nel mattino
nuotando fino a diventare lacrima
negli oceani degli oceani incinta
il mausoleo era placato - zefiro -
e soleggiata mentrattorno la macchia
di lecci zufolava. sopiva il cielo.
all'isola sola m'alzai al vespro
ammirando il volo dell'ultimo stormo
migrava (quanto fresche le sue sorgenti
a mezzogiorno, no?, e fervide!) dispersa
un'imperatrice e il mausoleo pigola
senza occorrenza di santi d'eroi
d'apparenze: che sono formato (eco
risonava) di notte, lì mi accorsi
alla penombra, di vuoto [ t à n t a t à t a ]
io attesi l'intera settimana attesi
che qualcosa avvenisse qualcuno qua
inatteso venisse e non venne non
avvenne [tàntatàtatatàntatàta]
fui soffocato dal parto d'infinito
senza naufragio e senza epifania
senza naufragio e senza epifania
io vissi questo ciarpame d'orchidea
A. Rodin, Busto di Adele, 1880 |
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