il silenzio non si somiglia mai.
lunedì 23 dicembre 2019
sabato 7 dicembre 2019
profumo
e noi, che apprendiamo i colori attraverso l'intensità di un
profumo, che riconosciamo la primavera da un canto serale e il crepuscolo
autunnale da una foglia, come mai noi non afferriamo il volto di un'emozione
con uno sguardo? perché non scorgiamo l'immensità di un'idea grazie a queste
nostre mani?
mercoledì 20 novembre 2019
"come di neve in alpe sanza vento" (Dante, Inf. XIV, 30)
lunedì 4 novembre 2019
e riconobbi la mia ombra superarmi d'ombra
Mausoleo di Galla Placidia, dettaglio dei mosaici, Ravenna |
aspettavo che i noci strepitassero.
ed entrai nel bosco.
gli antichi marinai si orientavano con le stelle ripeteva l'insegnante delle elementari mentre fissavamo le righe dei nostri quaderni sporchi di inchiostro. per queste macchie ho cominciato a detestare dentro quell'orientamento mancino.
così in principio era bello stendere i panni al vento lasciando che le sue lusinghe li sventolasse in cinquanta bandiere di cento nazioni dei nostri mille pianeti, poiché avevamo la presunzione di intuire che quella fosse la rotta. io poi non faccio testo perché darei la vita intera per riavere eternamente la mia infanzia. seguimmo dunque il sentiero e arrivammo, anzi no, allora continuammo e arrivammo, però non ancora, riprendemmo e arrivammo, ma non proprio alla meta. ancora un poco, sempre ancora quel poco che permette una sosta distratta, una breve ricreazione, ma senza poter parlar di pace e, fermandosi, di esclamare "ah, casa!".
l'interiezione, si dice, è una parte invariabile del discorso che non ha un significato in sé stessa ma esprime il sentimento, uno stato d'animo,"ah, casa!". e ci ritroviamo anziani, così ci chiamano i ragazzi, a dimenticare il giorno festoso del nostro fastoso matrimonio, ma ad amare quel bacio timido e nascosto che fu il nostro primo amore. "ah, ti amo!". l'errore sentimentale dell'esistere: tutto un romanzo racchiuso nell'interiezione.
una gialla camicia a fiori, una betulla davanti alla finestra, davanti al dolce davanzale di calcinaccio, finché un mattino mio zio mi dice "è arrivato il tempo che la tagliamo". così la betulla fu sfrondata, recisa, tranciata e per me, io che mica pensavo c'entrassi con quest'affare, fu inconcepibile vedere il prato lontano dal colore indistinguibile d'infinito. ora è tanto più inconcepibile che la segatura della betulla riaffiori ancora talvolta tra gli steli del prato. riaffiora tra i tanti fiori.
quando a volta capita di passeggiare nelle catacombe, passeggiando nell'oscurità, queste puzzano sempre un po' di pesce, poiché la legge è sempre stata solo una: i padri divorano i figli o i figli decapitano i padri, forse per seppellire il ventre di Crono o per placare le furie d'Oreste.
ancora oggi, ora che le mie strade sono più lente e larghe, di notte sogno spesso, per compensare le giornate piane, e capita di incrociare per delle soleggiate spiagge sicule la maestra Lucia, nata sotto le ceneri dell'Etna, che mi consola ripetendo ancora una folle cantilena di tabelline, la santa della luce. quando ginnasiale ho accompagnato il mio professore per le strade deserte del medioevo non riconoscendomi mi ha chiesto chi fossi, prima di perdere ogni memoria, scivolandomi tra le dita sudate. i sogni sono al tempo stesso veri e oscuri, poiché nella loro umana oscurità risiede il vero, dunque non bisogna più scrivere segreti.
arrivai a otto anni pensando che il ciclista più forte dovesse essere sempre davanti e correre sempre più veloce, in ogni corsa, ad ogni tappa, sempre più forte e più veloce come una dittatura scientifica. non fu facile per mio padre, mentre sfilava per la provinciale il carosello delle maglie a tinte vivace, frenare il mio impeto inopportuno. analogamente conobbi tanti signori che preferivano soap opera e ne fui profondamente deluso: anche il cosiddetto benessere ha un peso insopportabile. così fu poi compito dei giorni mostrarmi gli eroi folli, gli eroi maledetti, gli eroi vinti nella polvere. Ettore, Villeneuve, Andrea Fortunato, Socrate, Adriano, ma mica l'imperatore, Lautréamont. è il segreto d'erba, che i ciechi riconoscono facilmente: piegarsi, senza muoversi, e poi rialzarsi al cielo.
il fieno ingiallisce in un giorno estivo. una gialla camicia a fiori. io darei la vita intera per riavere eternamente la mia infanzia, che conteneva tutto, come un'interiezione, e il profumo di quella betulla. "c'è ancora guerra" dice il contabile, "che freddo stamattina" ripete quotidianamente il pendolare, ma perché di loro nessuno sa correre, correre in testa, senza spazio per le paure. c'è sempre guerra, qui e altrove, poiché dappertutto è primavera.
poche ore dopo, uscendo finalmente dal bosco, lontano come un sogno, lo strepito di noci, come un saluto attutito dall'intimità. riconobbi l'ombra che superava la mia ombra e riconobbi la mia ombra superarmi d'ombra.
Mausoleo di Galla Placidia, dettaglio dei mosaici, Ravenna |
mercoledì 16 ottobre 2019
Nshuti Mababazi, Sikuta Tutambule
Nshuti Mababazi, Sikuta Tutambule, di Bobi Wine, in lingua
luganda
"il mio cuore è spezzato / ma so che anche il tuo cuore è spezzato /
ovunque sembra che le persone siano depresse / ciò che si aspettano è diverso
da quello che vedono / e gli altri si stancano di loro / sono infastiditi che
non si segnali nulla / e dove vorresti aver riferito / è anche difficile
ottenere giustizia da lì / ti dico di non fermarti / quando cadi alzati subito
e cammina / non c'è niente di facile al mondo / il viaggio è lungo / alziamoci
e proseguiamo.
Alzati e andiamo avanti / la situazione è demoralizzante / ma non mollare,
andiamo avanti / il viaggio è lungo / ma se persistiamo raggiungiamo la nostra
destinazione / alziamoci e andiamo avanti / la situazione è demoralizzante / ma
non mollare, andiamo avanti / non mollare, andiamo avanti / piangiamo mentre
vai avanti"
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