mercoledì 3 maggio 2017

vi chiedo AIUTO

ndeke azali na mabele te, kasi akolisaka bana na ye



perché disturbarvi con tutto questo e scrivere di un villaggio lontano, di questo mondo altro?
dapprima capita, stando qui, di prendere facilmente coscienza di essere fortunato, eppure col tempo questa percezione si mescola a un sentimento dal sapore più amaro, a un silenzioso senso di ingiustizia.
mi rimane impressa la frase finale di uno dei miei film preferiti, vecchiotto ma che di certo alcuni fra voi avranno ben presente, The Mission di Joffé, sì quello con Robert De Niro e un grandioso Jeremy Irons: 
il mondo è così. no, così l’abbiamo fatto noi, questo mondo, così l’ho fatto io”. e se per molti è facile trovare argomenti per giustificare queste ingiustizie, anche io credo tutto questo sia costruito da noi, dalla nostra storia e non da altro. perciò vi scrivo e provo, timidamente, senza volervi disturbare, a chiedervi un favore.

la Repubblica Democratica del Congo il prossimo inverno entrerà in guerra, attorno al prossimo dicembre. non voglio essere catastrofista e non voglio fare preoccupare nessuno, poiché io sto alla grande e sono più che al sicuro, qui nell'Ituri, grazie al VOICA e alle madri canossiane, io.
non sono nemmeno diventato un profeta, ma quel che verrà non è difficile da prevedere, se la situazione rimarrà questa. qual è la situazione?
non è facile riassumere tutto, ma ci provo, di pancia, sperando che mi perdonerete qualche semplificazione:

in questa storia ci sono un presidente, un’opposizione e una popolazione; come i protagonisti di qualsiasi Paese apparentemente normale, direte voi, se non che…

il presidente, Joseph Kabila, eletto regolarmente nel 2006 e rieletto (più o meno regolarmente) nel 2011, ha finito il suo mandato mesi fa, lo scorso 19 dicembre, una giornata che ha vissuto altissime tensioni interne. l’ennesimo padre della patria/dittatore africano? lascio rispondere a voi, ma no, lui non ci pensa proprio a dimettersi, forse anche considerati gli immensi vantaggi economici che accompagnano questo ruolo (qui si racconta sia uno delle dieci persone più ricche al mondo, ma non saprei bene come verificare), allora tarda, cerca di forzare la costituzione per rendere ammissibile la sua candidatura per un eventuale terzo mandato a delle ipotetiche prossime elezioni il prossimo dicembre, finge un dialogo con la CENCO (la conferenza dei vescovi congolesi), che ha anche partorito un compromesso, quello della “notte di S. Silvestro”… ma di cui non si è fatto più nulla, carta straccia dimenticata. dice che il Paese non ha abbastanza fondi, per queste benedette elezioni, e attende, si nasconde, tanto che è più di due mesi che non fa apparizioni pubbliche, rendendo il Paese sempre più instabile, ingovernabile, tra lo sfruttamento minerario selvaggio da parte delle potenze mondiali, l’invadente propaganda di regime e i ribelli in numerose regioni: non si dimetterà, nemmeno a dicembre, quando il suo mandato sarà scaduto ormai da un anno; non si dimetterà e non ci crede più nessuno.

poi c’è l’opposizione, che da anni si divide in centinaia di protagonismi risibili: la divisione più recente è stata causata dall’eredità spirituale di Etienne Tshisekedi, padre della patria morto poche settimane fa, il 1 febbraio 2017. tafferugli e scontri dialettici per la sua salma, ma nessuna proposta, nessuna unione, insomma nulla di nulla. d’altronde l’attuale e fresco primo ministro, Bruno Tshibala, lo insegna bene: basta ricevere una poltrona, qualche soldo per resettare ogni attrito col potere. è desolante constatare come le beghe politiche, che dovrebbero portare alla promozione umana, nella realtà quotidiana la annichiliscano.

infine, in fondo, quasi dimenticata, rimane la popolazione, ovviamente frustrata, vittima di tutto questo: viene da anni di fame e povertà, di guerre e massacri che faccio fatica a raccontare, ha vissuto una dittatura più che trentennale con Mobutu, vive ancora oggi schiacciata da uno stato di polizia assurdo e da una corruzione dilagante. se vi dicessi, citando solo un dettaglio fra mille, che le forze dell’ordine, anche negli alti ranghi, si sostentano non con una paga regolare ma opprimendo le fasce più povere e indifese? che raramente, se non mai, intervengono senza una mazzetta? i più disperati, i più cinici, i più facinorosi si adeguano alla fiumana o si ribellano con piccoli tumulti contro il governo o chiunque possa apparire suo complice. sì, si parla già di fosse comuni, in seguito agli scontri con l’esercito. a Kinshasa, il centro nevralgico di questa insofferenza, ho visto alcune chiese bruciate, ho conosciuto una suora belga a cui, nel Kasai, minacciavano di tagliare le orecchie come vendetta contro i vescovi che, a loro modo di vedere, non riescono a convincere il presidente a fare un passo indietro. semplice capire dove andrà a incanalarsi tutta questa rabbia, facile prevedere in quale abisso cadrà la RDC su questo sentiero.

e la comunità internazionale? beh, guarda dall’esterno, fa tenui denunce formali (di poche settimane fa quella dell’UE) ma rimane troppo coinvolta dagli immensi interessi commerciali nel Paese per poter alzare la voce, anzi probabilmente si appresta solo a incoronare, a legittimare il primo vincente di turno.

per quanto mi riguarda non mi interessa chi abbia o meno ragione ma è straziante, straziante, straziante pensare che tante persone a cui voglio bene, tante opere buone fatte in questi anni, tanti progetti per il futuro di un popolo, generazioni di bambini e ragazzi già provati da ogni sofferenza possano fra qualche mese essere cancellati, annullati, annientati, per l’ennesima volta, dalla cecità della violenza. straziante.

spero di non essere stato troppo chiaro ed esplicito, ma è la realtà è questa: se tutti continueranno a lavarsi le mani, se noi continueremo a pensare quanto sia tutto inutile o lontano, la Repubblica Democratica del Congo il prossimo inverno entrerà in guerra, con milioni di morti innocenti, come spesso succede, come è già successo
cosa si possa fare neanch'io forse lo so e proprio per questo chiedo aiuto a voi: aiutateci, aiutateli, finché siamo in tempo, non lasciamoli soli, distanti, ma al contrario avviciniamoci. non so che si possa fare, davvero, e non si può donare se non spontaneamente, ma vi chiedo un solo favore, timidamente, senza volervi disturbare: leggete, parlate, scrivete, cantate, condividete, danzate, venite, litigate o quello che preferite, ma fate, fosse solo anche pensare: è tutto vero e non guardiamo all'ennesima tragedia dell’Umanità come estranei, come dal finestrino, come se noi, i nostri cellulari e il nostro mondo non c’entrassimo niente.

e anche se dovessimo sentirci inutili, qui c’è questo proverbio, “ndeke azali na mabele te, kasi akolisaka bana na ye”, che potrebbe suonare più o meno così: “il passero non ha mammelle, eppure nutre lo stesso i suoi infanti”, e in questo io ho fiducia spassionata.
grazie, di cuore, anche solo per aver letto sino a qui.

Emanuele



ps. per sapere di più, date un’occhiata anche qui, per un Congo raccontato dai Congolesi:
mentre in italiano:

lunedì 24 aprile 2017

mon cœur s'ouvre à ta voix - le fleuve Congo



mon cœur s'ouvre à ta voix,
comme s'ouvrent les fleurs
aux baisers de l'aurore!
mais, ô mon bienaimé,
pour mieux sécher mes pleurs,
que ta voix parle encore!
dis-moi qu'à Dalila
tu reviens pour jamais.
redis à ma tendresse
les serments d'autrefois,
ces serments que j'aimais!
ah! réponds à ma tendresse!
verse-moi, verse-moi l'ivresse!


il mio cuore si apre alla tua voce
come si aprono i fiori
ai baci dell'aurora!
ma, o mio amato,
per meglio asciugare le mie lacrime,
parli ancora la tua voce!
dimmi che da Dalila
torni per sempre.
ripeti alla mia tenerezza
i giuramenti di un tempo,
quei giuramente che amavo!
ah! rispondi alla mia tenerezza!
versami l'ebbrezza!

da "Samson et Dalila" di C. Saint-Saens

mercoledì 5 aprile 2017

2 Re 3, 16 - nudità

il mondo si tramanda per storie, per racconti.
io amo questo episodio su Giosafat, tratto dal II libro dei Re.
che si accumulano tante cose tanto rumore confusione MAIUSCOLI tante immagini tanti colori tante sensazioni, si accumulano come in un deposito senza padrone, si accumulano, dico una banalità, perché abbiamo tanta paura del nostro vuoto, della nostra nudità, di non saper più sentire la nostra emozione, la nostra armonia.
che è uno SPLENDORE, aggiungo io.
perché, lo dice il nipote di un geometra, non si può edificare senza togliere e spesso scavare è meglio di costruire.


d'altronde quello che faccio più fatica a fare qui non è discutere, lavorare, conoscere, ma è imparare a mangiare con le mani.


“andate a chiamare un suonatore di cetra”
annunziò allora il profeta al sire
“scava dove il letto appare secco scava
dove il fiume muore scava e zampillerà!”
solo i serpenti preferiscono strisciare nella propria polvere
qui suis-je? apprendere l’alba
e lo spegnersi e la gloria del fiore e la malattia
così comprendersi uno ASSIEME all’universo
“qu’est-ce que veut dire ce mot?”
SOLITUDE quando uno si sente
solo “e come può essere solo
un uomo?” visage decouvert
scavò Giosafat scavò e zampillò
e Sisifo assiso stette sul sasso
io, Lemi, Ayikoru marciavamo cantando


nell’atlantide rossa del primo mondo

venerdì 24 marzo 2017

da Ariwara a Kinshasa: cronaca di un viaggio imprevisto


"può il battello affondare
anche in porto" ricorda un proverbio lugbara
allora si è partiti per attraversare
il mondo intero e l'intero me attraversare
le rovine coloniali di Nioka hotel
titanic davanti agli alti tronchi di Katanga
raccontano gli scaltri incesti dei Baluba
c'è pure un torneo di palla martedì
mattina tutto apparentemente normale
le orme di un uomo
capanne di Djalabiga aperte sul nulla pietre
primordiali a precipizio
Ngiri
Libi
i corvi di Fataki, alla griglia
tra camion rovesciati e lasciati a ingiallire
sino all'asfalto di Bunia dai dollari verdi
ben stirati da caschi blu col proclama
MONUSCO appena a due km da Irumu
Mangiva
Makaninga
Komanda
Mangusu
Yankutu siamo
scimmie scacciate dal caos della foresta
Bandiboli
Bandikola
Bandibalesu
ora verso questa domandiamo vendetta
Bandiamosi
Bandiseibo
Bandikafu
e altri cento villaggi
Pukele
Mambasa
Banana Ecole
Niania
Avakudi
e altri cento villaggi e pigmei
in penombra nella brousse
si turano le orecchie al nostro passaggio
non parlano pioggia
notte al blocco - km 23
ma all'aurora Kisangani, l'isola, sorge

(la chiamarono Stanleyville, 1883)
piccola Europa d'Africa elegante
dei quartieri di case coloniali ora
colorate da Wagenia Baonga Lokele
Topoke il fiume Congo non muore a sera
le spiagge belghe assolate e il titano
che illimitato ruggisce e canta incontenibile

il Parsifal tra le piroghe scorre
la ferita scorre come una redenzione
abbiamo ancora un volo per Limete, Kinshasa
la plus belle la poubelle
in attesa del cadavere vecchio, esiliato
di Etienne Tshisekedi Kinshasa
lungo il chiasso di boulevard Lumumba
cumuli di scarto umano non accetto
che vende manciate di cikwange
e disperazione a due franchi
"ti ricordi di me?" e papà Nestor impazzito
indicava la luce muto
3699 km, leggo, di foresta, 148
ore, dove dappertutto il drappo e s'esibisce
Debout, Congolaaais le orme
di un'anima: ebale Congo ekokufa
na butu te.