mercoledì 28 marzo 2012

fenomenologia di un cesso


già, ho un cesso in salotto. un cesso adornato come un tavolino, completo di pedana lignea come trono e lastra di cristallo come corona, un cesso con una luce dall’interno pronta a illuminare tutta la stanza. vedendo le reazioni catastrofiche di fronte a questa mia “creatura” (e non vi dico l’espressione di mia madre…), tenterò di spiegare anche ai più scettici questa mia scelta, di cui sono fiero.
D-o disse “Fiat lux!” e Lele costruì un cesso
posso partire da lontano? ecco, un giorno sono andato in una cartoleria e ho comprato una penna rossa, una semplice bic da 0,70 €; tornato poi tra i banchi di scuola mi accorsi che era difettata e non funzionava. “la butto? certo, non funziona! la butto? eppure anch’io sono come lei, anch’io non funziono. la butto? no, la terrò con me”. siamo un po’ tutti inutili, un po’ tutti con i nostri difetti misti alla nostra bellezza e sarebbe così umano un cosmo in cui si riesca ad accogliere l’imperfezione. chi non rispetta il valore delle cose difficilmente avrà rispetto per le persone e le idee, così la penna rossa è ancora nel mio astuccio da più di dieci anni… ma cosa potrebbe essere più familiare e allo stesso tempo abietto di un wc? una carezza è il segreto del mondo.
e poi che dire? ognuno ha il suo oggetto-totem…e a me è capitato questo! (sì, non posso negarlo: decisamente kitch!)
“sto come un pisciatoio al sole” (T. Tzara): una fragilità che si inlua nella serenità del cielo. 




domenica 25 marzo 2012

"il pensare ci divide, il sentire ci unisce" (e. pound)


a volte anche ti manco
a volte mangio le mele con la buccia a volte amo a volte non mi mangio più le unghie a volte mi rompo di leggere libri di altri a volte lavo le lenzuola a volte pago le bollette anzi quasi sempre a volte vado al cinema a volte cucino riso bianco mica sempre a volte dormo e
a volte
quando dormo vivo dei sogni

e all'ottavo giorno mi si aprì il cielo all'ottavo giorno
quelle mie piante così piccole che magari cresceranno ma
finchè sono così piccole così piccole sembrano così
pronte a un futuro sembrano e mi sembrava di piantare
il mio eden e sentivo di toccare ciò che sarà
futuro a volte invece bastano quindici minuti per perdere un treno
quindici minuti fa e non capire
più stare come un sergente ancorato in una foresta strabordante di vietkong ancorato a nulla ancorato a quel me stesso che cerca di
ancorarsi
a una luce strana luce di neon sì
la conosco quella luce e faccio finta di non conoscerla
ma è proprio così
ma oltretutto è notte stanotte questa notte in cui parlerei l'intera notte
con te
e ti ascolterei e mi ricorderei stringendoti persino ciascuna
                                                                          delle preposizioni
                                                                          che pronunceresti
poi magari mi girerei e troverei il mio letto scarno
e deserto - luce al neon - luce al neon - luce al neon -
"non sparate! NON SPARATE!" ma io sparo
chissenefotte a crepapelle (che non si spara a crepapelle ma come si dice?)
a volte muoio a volte risorgo a volte
ri-muoio a volte soprattutto
nasco nero asfissiaco contorto ma nasco
all'ottavo giorno
mi giro e ci sei: abbraccio in questa mattina acerba

l'ultima poesia sarà una pagina bianca

stupore di come una cascata fiorisca ininterrotta
unghiebacispallemorsicapellipellecarezzegambemaniabbracciguancelabbra

occhi
fino al naso fino all'ombelico
sei nata diamante
in una notte fredda che gelida non fu
in un mare profondo che abisso non fu
in un vento violento che uragano non fu
e fosti tu
con me
miracolo

la pancia di mia madre

la pancia di mia mamma
il ciliegio sotto il quale io ti fissavo d’impaccio
era già autunno e tu piangevi
nella domenica pomeriggio dalle ombre lunghe
il cielo muto e rapido d’agosto
la mia cameretta con una pianola nascosta
arancio dietro la porta
docce i sabati nella cinerea cantina sotto gli sguardi
forti di mio padre
l’odore delle puglie e di ceci che dormiva nei salotti
dieci mesi per quella luce che rifiutai
il terrore di scostare il volto dalle tue gonne, madre
il dolore di essere nato il dolore
inseguivo la luna e tra l’asfalto lei era ancora più in là
quello zio mi chiamò e mi prese in braccio
sulle sue gambe così salde
poi te ne andasti obbedendo alla tua vita
la luce così artificiale dei supermercati
il soffio del drago nelle mattine di brina
altalene creavano vento per una serata estiva
un prato
mi soffocavano quelle camicie a quadri
la prima volta che ti guardai ti riconobbi
verde acqua della fiat 127
noci e pini cingevano i miei giorni innocenti
le strade umide riluccicano dei lampioni ubriachi
fisarmoniche nostalgia di feste anziane
una bibita gassata sulla tovaglia bianca e azzurra
il tavolo nascondeva i segreti che non avevo
ho desiderato una sorella che non ricevetti che fosse me
così sono solo
il dolore di essere nato il dolore
le piastrelle blu di un asilo che illudeva straripante di giochi
i muscoli vigorosi e violenti dell’adulto
io non sarò mai così, io resterò me
tutto il mondo è mio nemico tutto il mondo è mio
il mare che mi sommerse
il potere della sfera perfetta
salve regina mater misericordiae vita dulcedo et
il dolore di essere nato il dolore



cioè io spero comunque in tutto l'assordante nonostante.

“sogna angeli d’oro” buonanotte
di mia madre. l’infanzia.
ora il sonno sa di sigaro
maturo e spento ora temo
lei premonisse solo “sogni d’oro”:
gli angeli spariti furono solo miei.
“Sesamo, apriti!” vogliamo uscire.

l'ultima incipriata d'animo
per credere ancora a sè e non più
arrestarsi all'amare l'idea di amare:
bisogna essere belli e violenti, comunque,
per essere uomini, comunque.
“Sesamo, apriti!” vogliamo uscire.

                       cioè io spero comunque in tutto l'assordante nonostante.

mi sono recato lesto in uno scarno negozio di periferia
con sufficienza spocchiosa ho salutato uno spocchioso addetto
ho acquistato venticinque nastri da scotch per legare i miei pensieri venticinque fogli colorati per costruire un aquilone
efficiente venticinque camicie per camminare decentemente tra la gente venticinque pentole aderenti per bollire quelle
mie passioni incoerenti venticinque scarpiere per ospitare formiche e scarabei venticinque un po' di tutto per divenire
uomo

                      poi, radunata l'esosa spesa, mi sono allontanato
                      ho serrato le finestre, a casa, e mi sono addormentato.



letture d'inverno



“la nostra esperienza in questa dimensione
finita
         è intrisa di solitudine”
                                                        leggo.
non ho altro
che questa
giornata di solitudine.

il canto sottile del cigno




6

stretti narcisi d’argento e carta
t’ho sognato
stanotte
stesa sul mio vecchio divano discinta
la spiaggia d’itaca radiosa
afferravi il mio cuore mi parlavi d’amore
poi t’addomesticasti alla mia spalla t’addormentasti
io ti sognai
mille gialli cavalli in bizze al passo di venere
blu e una treccia medievale gli stivali
inzuppati nelle mie pozze allegre e perse
allegre e perse “portami con te”
risposi
schiusi narcisi d’argento e carta