domenica 28 giugno 2015

perché scrivere poesia oggi


August Rodin, I borghesi di Calais, particolare

agli occhi dei ragazzi che mi chiedevano perché mai scrivessi poesia ("è insolito", aggiungevano) rispondevo che scrivevo per necessità.
ai signori dai sorrisi di sigaro che mi hanno spesso chiesto perché mai io abbia scritto poesie, queste poesie ("è inutile", aggiungevano), ho ripetuto spesso che ho scritto per autenticità, che vien naturale come mangiare, ammalarsi, dormire, baciare, lavarsi e tante altre cose.
a me che nella penombra notturna di questa sala sottofondo di archi stanchi mi chiedo perché sono ancora davanti a un verso zoppo e sgraziato (tale e quale a me), sono finalmente giunto alla risposta che si scrive per disperazione. nella policromia arcadica di un'ortensia non si trova contraddizione, e non vi è nulla di sconsolatamente afflitto, credetemi.

come ultimi vagiti di un bimbo che si crede padrone di un mondo invece ribelle, che vede la luna, la vede vicina, ma non può toccarla, non riesce
disperazione per la bellezza persa e la bellezza d'un istante. un oggetto perduto, la nota piena di un violoncello, un attimo scosso da emozione, la guancia di una donna, una notte lucente e leggiadra, memorie di speranza o il miraggio, una fede: scrivendo mi avvinghio disperatamente all'onda che squaderna il cosmo proprio mentre questa già refluisce nell'oceano che non posso afferrare.
una voce dell'infante senza parola che riconduce all'origine e riconduce all'esito.

del resto, quando dell'acqua bollente vi cade sulla mano, voi gridate e, quando un fantasma vi appare all'incrocio delle vostre vie notturne, voi saltate in aria presi dal panico, poiché qualcosa di ostile si erge inatteso. la sofferenza è resistenza alla realtà.
ecco, ora lo dico e non mi taccio: odio le coppie al ristorante che restano tutto il pasto in silenzio e senza sguardi, spenti attori di una commedia interrotta, assuefatti a tagliare bocconi da masticare lenti e insipidi. odio e detesto, in parte anche abiuro. gridate, litigate, baciatevi, date testate al colonnato in marmo, costruite cattedrali o devastate intere nazioni, bevete sangue di bambini pallidi e innocenti, coccolate la pelle di leviatani, amputate le ali agli angeli, lasciatevi, ma non tacete come sassi di un'aia infangata! questo per me è l'orrore supremo, poiché è ammissibile estinguersi per ogni oscenità e sofferenza, ma di apatia e di asfissia no. dis-moi quelque chose. queste cene assassinano anche la mia gola, e so che le avete bene chiare in mente, queste dannate cene, perché così siamo spesso noi stessi.
la sofferenza in fondo è solo resistenza alla realtà circostante, lo scontro tra il mondo interiore e il fenomeno in cui il bambino, non ancora incelophanato nelle vacuità delle convenzioni, non ancora ancorato alla vita come una nave stanca, non ancora addomesticato alle opinioni altrui, GRIDA
GRIDA, appena partorito, davanti al freddo pungente sulla sua pelle appena palpitante, GRIDA, a pieni polmoni, di fronte alla violenza di una luce a cui non sa come reagire, GRIDA confusamente stupito tra i rumori insondabili che lo travolgono, e questo GRIDO di disperazione è il suo primo verso, perfetto nella sua unicità architetturale, sino a divenire Omero, Virgilio, Saffo, a divenire Leopardi, Eliot, Dante, sino a me e te, in un desiderio di ritorno che è innanzitutto un desiderio di pienezza, bellezza, verità; un grido destinato a rimanere un tormento senza risposta. 

credo che la poesia non sia altro che questo: reazione e disperazione viscerale, di pancia, in un amplesso di contenuto e forma. cosa è poesia? poesia è cosa, intensa e concreta. disperata.

Rodin, I borghesi di Calais, particolare



mercoledì 17 giugno 2015

epigrafe in alessandrini

dedicata alla mia cara amica Chiara Capuzzo, alla quale, tra chiacchiere e piadine a pranzo, ho sottratto un sogno, tanto da renderlo un mio incubo: lo possiamo chiamare "furto onirico"? un'epigrafe che, attraverso l'equilibrio stantìo dei versi, alessandrini regolari, vuole sprigionare l'allucinazione spiazzante di questa armonica disperazione. horror vacui compreso.


all'isola sola giunsi nel mattino
nuotando fino a diventare lacrima
negli oceani degli oceani incinta

il mausoleo era placato - zefiro -
e soleggiata mentrattorno la macchia
di lecci zufolava. sopiva il cielo.

all'isola sola m'alzai al vespro
ammirando il volo dell'ultimo stormo
migrava (quanto fresche le sue sorgenti 

a mezzogiorno, no?, e fervide!) dispersa
un'imperatrice e il mausoleo pigola
senza occorrenza di santi d'eroi

d'apparenze: che sono formato (eco
risonava) di notte, lì mi accorsi 
alla penombra, di vuoto [ t à n t a t à t a ]

io attesi l'intera settimana attesi
che qualcosa avvenisse qualcuno qua
inatteso venisse e non venne non 

avvenne [tàntatàtatatàntatàta]
fui soffocato dal parto d'infinito
senza naufragio e senza epifania

io vissi questo ciarpame d'orchidea

A. Rodin, Busto di Adele, 1880

domenica 14 giugno 2015

"to be men not destroyers" - frammento postumo del CXVII Canto di Ezra Pound



amor mio amor 
mio cosa è il mio amore e
dove ti trovi? che
ho smarrito il mio centro
pugnando il mondo.
i sogni s'infrangono
e a pezzi -
e che ho tentato di erigere un paradiso
terrestre
eden.

mercoledì 10 giugno 2015

pesce rosso



il paradosso di Olbers, enunciato dallo stesso nel 1826 e risolto dall'astronomo Hubble nel 1929, si interroga su come, essendoci costellazioni di luce infinite, possa essere possibile l'oscurità notturna.

la realtà
che è un'assuefazione
l'angolo di incidenza pari all'angolo di riflessione
la cantilena che ci addestra alla terra:
porto in cima al condominio bigio
sei bottiglie d'acqua naturale e un fiore strappato
rubato da quando il mondo è divenuto favola
MA LA LUCE NON SI STANCA
quanto la femme fatale è fatua fantasia
dei timori virili dove vi è l'ombra
dell'ombra [olbers:
come è possibile che il cielo
                     la notte
                     buio nonostante
l'infinità delle stelle qui nell'universo infinito
                            nel tempo infinito?] 1929
MA LA LUCE NON ABITUA ACCECA
LA LUCE e mentre (questo è il moto di rotazione

e rivoluzione) gracchia la cornacchia e l'acqua si spoglia
riflettendo i primi fari dalla vetta di questo quinto piano
la notte sarà trascorsa
sono passati sette treni per milano / ed io


P. Picasso, Nudo sul mare, 1929, MOMA

domenica 7 giugno 2015

UN INCANTO - 6 giugno 2015

"UN INCANTO"
questo mi è rimasto di ieri. e il ricavato è stato generoso: 675 euro, che nei prossimo giorni saranno versati per la missione di Bethlehem (Uganda), del VOICA.
GRAZIE!
grazie a tutti voi che avete partecipato, che vi siete accostati da protagonisti ai miei versi, e a tutti coloro che hanno collaborato attivamente per il successo della serata. non faccio elenchi di nomi: bastino i volti delle foto!
GRAZIE per avere realizzato questo incanto.












lunedì 1 giugno 2015

primo maggio






morbilità e la mia                                                 
                               spensieratezza                      
                                                           una vedova
che attende un ritorno tu
ritornerai? morbidità di scialle infreddolito
livelli di iperpotassemia in aumento mentre brunner s'abbiocca
tra la sabbia bruna poiché a cercare un buon uomo mille
s'alzano salutano armeggiano ma a scovare noi
a scovare noi naufraghi non valgono
le onde che tornano a inciampare qui la vela nera
morbilità e all'uragano                                         
                                             la mia spensieratezza io
ritornerò? c'è pioggia passeggera e vento violento
c'è un maggio che nella notte riapparirà alle nostre porte
busserà come un gatto affannato
il destino di una principessa è aspettare il destino
di un principe precipitare
a perdifiato
tra le strade di un monopoli astemio
a caro prezzo morbilità
e la mia spensieratezza