per fortuna gli uomini possono sognare
gli uomini possono sognare
e l'uomo può ancora essere sognato.
dalla biblioteca dei bimbi una banda
a brandelli stona l'inno canadese esce
travolge
i non più verdi viali arteriosclerotizzati travolge
e pure qualche audace viola si unì a cantare
mentre il paese non più paese
era ma mondo e i miei morti torneranno a salutarmi.
pure i treni lunari pure sobri battelli pure
voi e qualche sbandato sconosciuto
a intonare la festa delle feste, quella
senza nome illegittima sconclusionata quella
allora vodka galleggerà nelle stelle
e non dovrò chiamarti non dovrò rintracciare parole
Amore non ci saranno pezze di voce:
io penserò Te e Tu già avrai amato.
il cemento si articola in scheletri fuggenti
tra alberi amaranto poichè io seguo la banda
strimpellante moderni ritornelli arcani,
rovina del mondo, di questo, mentreppure
creazioni di respiri prendono vita
e il vento non ha smesso di soffiare non ha smesso.
io non mi ubriaco non scappo non rubo:
solamente dipingo prati in cui anch'io
possa trovarmi e fiatare
del vento che sono.
e sarà.
un uomo sognato da un uomo.
domenica 15 luglio 2012
mercoledì 11 luglio 2012
l'abbraccio
un dì, s'io fossi uno stelo in grazia
tu te saresti presso il mio foco-
lare (piove) a persuadere papaveri e pazzi
che me ami? "non so che dire" iotu te saresti presso il mio foco-
lare (piove) a persuadere papaveri e pazzi
sbando canti campestri di giovenchi e ninfe d'aria
al dannato settantotto per cento
quanto al resto letame che cammina
lepri nottambule schizzano per l'asfalto
giraffe di focosa innocenza s'agitano sul ventre dell'universo
poi scalciano e quello che fu
vale
come un gioco di dadi
senza te
gli stormi di lenzuola bianche volano via ragionevoli e spauriti
giovedì 5 luglio 2012
"interroga gratiam, non doctrinam" (s. bonaventura)
// e pizzico
la poesia che un pazzo a central park
SQUARCIAGOLA su un tavolo legno marcio
illuse con megafono "la salvezza
è quanto agogni quando senz'aria
quando stai senz'aria l'oscurità brilla
oscilla
una scintilla e quando la vergine
soffiò
un lembo su fogli squadernati della spiaggia
il faro sarà scomparso"
lunedì 2 luglio 2012
L. Aragon, "Tutto quello che non è io è incomprensibile"
Le avventure di Telemaco è una piccola opera giovanile di Louis Aragon apparsa nel 1922, un testo dunque giovanile, ma anche di giovinezza, in cui viene raccontato l'approdo di Telemaco, rinverdita copia di Ulisse, all'isola di Calipso alle tracce di un padre disperso e in cui viene celebrato l'intreccio di nuovi amori, Telemaco con la ninfa Eucharis e Mentore/Minerva con la stessa Calipso.
A. Canova, Ritorno di Telemaco a Itaca, 1791, Gallerie di Piazza della Scala, Milano |
A una lettura più profonda si nota però come non sia solo una nuova narrazione del mito, poiché il linguaggio, che si mostra ancora impeccabilmente allineato la tradizione, si amalgama con una nuova anima, nuovi orizzonti. Sì, perché nel 1919 Tzara era sbarcato con tutta l'ondata distruttiva dadaista a Parigi e perché, anche se il gruppo surrealista non si era ancora formato, uno spirito inconsueto stava iniziando a circolare, a conquistare, a orientare il cuore artistico pulsante dell'Europa.
In questo testo, in queste righe sta nascendo una nuova Letteratura, viva e viscerale, di cui possiamo scorgere dei piccoli straordinari abbagli, come questo:
Tout ce qui n'est pas moi est incompréhensible.
Que je l'aille chercher aux rivages du Pacifique ou que je le ramasse dans
les contrées de mon existence, le coquillage que j'appliquerai à mon
oreille retentira de la même voix que je prendrai pour celle de la mer et qui
ne sera que le bruit de moi-même.
Tous les mots, si tout-à-coup je ne me contente plus de les garder dans
ma main comme de jolis objets de nacre, tous les mots me permettront d'écouter
l'océan, et dans leur miroir auditif je ne retrouverai que mon image.
Le langage quoiqu'il en paraisse se réduit au seul Je et si je répète
un mot quelconque, celui-ci se dépouille de tout ce qui n'est pas moi jusqu'à
devenir un bruit organique par lequel ma vie se manifeste.
Il n'y a que moi au monde et si j'ai de temps en temps la faiblesse de
croire à l'existence d'une femme, il me suffit de me pencher sur son sein pour
entendre le bruit de mon coeur et me reconnaître. Les sentiments ne sont que
des langages pour faciliter l'exercice de quelques fonctions.
Je porte dans mon gousset gauche mon portrait très ressemblant : c'est
une montre en acier bruni. Elle parle, elle marque le temps, et elle n'y
comprend rien.
Tout ce qui est moi est incompréhensible.
Tutto quello che non è io è incomprensibile.
Sia che lo vada a cercare sulle rive del pacifico sia che lo raccolga nelle
contrade della mia esistenza, la conchiglia che avvicinerò al mio orecchio
risuonerà della stessa voce che prenderò per quella del mare e che non sarà se
non il rumore di me stesso.
Tutte le parole, se a un tratto non mi accontento più di tenerle in mano come
graziosi oggetti di madreperla, tutte le parole mi permetteranno di ascoltare
l'oceano, e nel loro specchio uditivo non ritroverò se non la mia immagine.
Il linguaggio, qualunque cosa sembri, si riduce al solo Io e se ripeto una
qualsiasi parola essa si spoglia di tutto quel che non è io fino a diventare un
rumore organico attraverso cui si manifesta la mia vita.
Non ci sono che io al mondo e se ho ogni tanto la debolezza di credere
all'esistenza di una donna mi basta chinarmi sul suo seno per udire il
rumore del mio cuore e riconoscermi.
I sentimenti non sono che dei linguaggi per facilitare l'esercizio di alcune
funzioni.
Porto nel taschino sinistro il mio ritratto molto somigliante: è un orologio
d'acciaio brunito. Parla, segna il tempo e non ci capisce nulla.
Tutto quello che è io è incomprensibile.
(L. Aragon, Le avventure di Telemaco, cap. II, 1922 et Littérature, vol. XIII, 1920)
L'io e il mondo appaiono due specchi infranti di uno stesso mistero. Terribilmente sconfinato, incredibilmente intimo.
giovedì 28 giugno 2012
edvard munch, femme en pleures
un pesce asciutto
un cielo vedovo di stelle
la morte di un padre
una statua senza volto
senza volto un oceano privo di onde
il ciliegio autunnale
un'aquila a terra
la birra analcolica
il faro buio dannazione buio
una parola spoglia di lettere nuda
di voce una melodia che nessuno canta
una donna sola.
E. Munch, Donna in lacrime, 1907, Munch museum |
domenica 24 giugno 2012
foRoloGia
come giudici
distratti distanti li additiamo
buchi nelle
pareti
un sogno
che qualcuno si è distratto dal fare
che poi
crepa voragine spiffero rimaniamo
sulla calce
d’un muro a prendere aria
magari materia
mai c’incoronò a essere
materia ma
sinceramente riconoscerete
che la
comunicazione è l’estremo asilo
dei codardi
e se il mondo fosse teatro d’idd-o
perché si
bruciano i biondi arazzi in piazza
perché esistiamo
in contromano? è certo che siamo
sulla terra
ma dove sia questo no
ed è un’effimera
fessura nell’elegia esiziale
mercoledì 20 giugno 2012
aneddoto minore
Un vecchio saggio viene interrogato sull’arco della propria esistenza fino ad oggi. Ed ecco come ne riassume le tre tappe:
< A vent’anni conoscevo solo una preghiera:
"D-o, aiutami a cambiare questo mondo così insopportabile, così spietato". E per vent’anni mi sono battuto come una belva per constatare in fin dei conti che non era cambiato niente.
A quarant’anni, conoscevo una sola preghiera:
"D-o mio, aiutami a cambiare mia moglie, i miei parenti e i miei figli”! Per vent’anni ho lottato come una belva per constatare in fin dei conti che non era cambiato niente.
Ora sono vecchio e conosco una sola preghiera:
"D-o mio, aiutami a cambiare me stesso" ed ecco che il mondo cambia intorno a me! >.
< A vent’anni conoscevo solo una preghiera:
"D-o, aiutami a cambiare questo mondo così insopportabile, così spietato". E per vent’anni mi sono battuto come una belva per constatare in fin dei conti che non era cambiato niente.
A quarant’anni, conoscevo una sola preghiera:
"D-o mio, aiutami a cambiare mia moglie, i miei parenti e i miei figli”! Per vent’anni ho lottato come una belva per constatare in fin dei conti che non era cambiato niente.
Ora sono vecchio e conosco una sola preghiera:
"D-o mio, aiutami a cambiare me stesso" ed ecco che il mondo cambia intorno a me! >.
C. Singer, Del buon uso delle crisi, pp. 29-30
sabato 16 giugno 2012
z = q – h (cioè, precisamente, all’incirca, la produttività è ovviamente eguale alla quantità di merce prodotta meno le ore di lavoro svolte)
ti stringo come un'onda che mi travolge
e a tastoni per i tuoi fondali
una mandria di vacche nere nuotare
attraversa la prigionia marina la valica
e alla fine che ti amo te lo dico
neppure stavolta
troppo tardi, credimi,
così balleremo ebbri
in questo nostro buco di doccia
sconfinato quanto lo slancio d'un'altalena
devastante e sciolto
marc chagall, les amoureux en gris, 1956-60, kunsthaus zurich |
sabato 9 giugno 2012
quanto si può trovare scritto di un amore
ripropongo la poesia polifonica recitata nella serata del 21 ottobre 2011 presso la biblioteca F. Nietzsche di Lurate Caccivio (CO) da me, Valentina Rusconi ed Emanuele Parravicini. mi scuso per la bassa qualità audio e video, ma l'emozione di quella performance dal vivo è stata davvero irripetibile, cosicché spero che da qui se ne possa attingere anche solo qualche sprazzo, promettendo che che ne seguiranno di certo molte altre!
venerdì 1 giugno 2012
inappelLabile
irreperibile
tra gli
spiragli della nostra polvere
c’è una
stanza gialla luci colorate
intermittenza
d’uditi qualcuno
gridò a
gran voce è plausibile
tutto
sfocia impertinentemente
impalpabile
hai intenso l’irrequieta mistica del sipario?
la parola
comunione è un cornicione impotente io
mi ascolto
poco interessato così
saluto la
gente che passa disinteressata
irreparabile
e
d’equilibrio non mi si adagia l’assalto
al cielo
come profetizza la perpetua
crisi
motrice come tenta di sopprimermi
il
paradosso di goebbels (che parla a parer mio
a
sproposito d’un’arte amorale) vuote
senza te
queste braccia s’agitano
dibattono
dimenano sbattono
scrollano
monche e dispercezioni di avere rassettato
il letto
nel subbuglio della notte
e quest’io
che è qui (è qui!) finalmente
godot s’accoccola
labile sul pavimento infranto
nelle fogne
della città terrestre certo che d-o
esista saldo
e assiderato
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