(a quanti mi hanno chiesto, mi chiedono, mi chiederanno)
tizio amico fratello
padre,
mica io scrivo qualcosa di nuovo, neanche a pensarci,
ma maiorum more (poiché da millenni non si fa altro che ripeticchiare a
balbettii la lezione classica, è nitido) scrivo semplicemente me humani
exempli gratia. spontaneamente e spensieratamente, proprio cioè senza
pensieri e senza idee. j’écris parce que c’est naturel comme je pisse comme
je suis malade.
l’uomo non è un buon concetto, tuttavia arde e illumina
meglio di qualunque astro nell’oscurità.
INTENSITA', che non è antitesi di delicatezza, affatto,
poiché il contrario di intensità è debolezza, di delicatezza è superficialità.
perciò ogni verso ESPLODE intenso e delicato. la grazia danza, sicuro!
la parola è una formula arcana del cosmo, incantesimo
ancora sconosciuto come il furor ispirato d’orfeo.
trascurare la tensione razionalistica e
pragmatica volta al crudo capire, poiché non è certo matematica la mia né esiste un'anima aritmetica. sennò, dico io, andate a farvi cruciverba col metronomo
sulle tombe di wall street.
la logica è una bugia, “la logica è una
complicazione”.
abbandonare il vizioso e arrogante tentativo di
afferrare ogni sfumatura come affannati cercatori di scheletri laccati d’oro. mi
pare addirittura superfluo sciorinare poi come la grammatica sia a funzione
dell’espressione e non viceversa.
percepire con ingenuità, gustando suono ritmo
colore ricordo calore simpatia e qualsiasi fenomeno che faccia vibrare. l’amore per una
donna non è certo solo un “ti amo” sbiascicato, vi pare?
CAOS, che è la prima divinità della religione classica. caos
di cose di faccende di maschere di mitologie introspettive di modernità di
spazi vuoti di nozioni di rumori di armonia, quasi a divenire riflesso della vorace contemporaneità senza nome e libertà di scelta attiva, spalancando porte a sconfinate interpretazioni, legittime quanto un matrimonio endogamo celebrato in piazza. tutte le strade portano a roma e da roma dunque partono strade per dovunque. creare il proprio sentiero che s'arrampica in questa foresta, senza nascondersi,
divenendo a propria volta attore e demiurgo.
i fantasmi colorati del sogno raccontano più verità di tutte
le carte d’identità del mondo affastellate in falò fumanti. file intrafficate d'elefanti dorati in colonna per la carezza di un bambino nudo.
qui la poesia è come la si legge, ma a ogni cucchiaiata sbuca una figura nuova, a ogni sguardo un sapore differente. appuntarsi di disprezzare i floricidi.
un big bang in cui non è possibile non è plausibile e
neppure garbato il raschiare via tutto, ma dove si anela all'ignoto che attende. ascendendo al
di là di ogni mania di controllo, poiché la comprensione è evidentemente una
forma di limitazione. the table is on the table.
il caos è indiscutibilmente ciò che genera mentre la razionalistica
tendenza ordinatrice porta a una trasparente aridità del nulla. così mi figuro
l'insaziabile felicità del paradiso certamente non come il placido tranquillo mortorio
delle pie signorotte con rosario, quanto invece come una festa di quelle
ebbre e squassanti, come ci ha illustrato senza dubbi L. Van Beethoven, Missa solemnis op.
123 et vitam venturi saeculi. INTENSITA’:
“la bellezza sarà convulsiva o non sarà”.
mi
trovo assai antipatico e supponente, eppure mi va bene così, se mi permettete.
lé