anche questo è Natale.
senza luminarie, senza tavola imbandita, senza babbo natale né befana, senza inverno né strade gelate, senza presepi, viventi o artigianali che siano, senza panettone, senza regali sotto l'albero.
anche qui è Natale, anche qui è festa, perché anche qui nasce il Dio-con-noi.
tanti auguri a ciascuno di voi, amici!
venerdì 23 dicembre 2016
venerdì 16 dicembre 2016
10 FALSI MITI SULL’AFRICA (o solamente alcune nostre piccole ipocrisie)
1. “In Africa muoiono tanti bambini, ma tanto
le madri hanno tanti figli, quindi conta poco per loro”
una bella idiozia, perché basterebbe
ascoltare le grida di dolore che dalla camera funebre arrivano sino
all’ospedale, sino al convento, per capire quanto tagliente e devastante è quel
dolore, un dolore che accomuna universalmente madri di ogni latitudine, non
solo le nostre.
2. “Gli Africani non hanno voglia di lavorare”
gli Africani sono cocciuti e gran
lavoratori; è vero, non amano la fretta e lo stress, ma di uomini senza paura
della fatica se ne posso trovare in quantità; ad esempio papà Faustin, che
lavora 9/10, a volte anche 11 ore consecutivamente nei campi, a spezzarsi la
schiena, per dare da mangiare ai suoi figli, per non parlare delle donne…
3. “Gli Africani sono incivili”
qui l’educazione sin dalla scuola materna è
fortemente improntata sulle regole, il rispetto dei ruoli, il protocollo e
raramente ho visto persone capaci di discutere (e soprattutto di ascoltare!) in
modo partecipativo e condiviso quanto qui… a volte sin troppo! una volta, al
termine di una cerimonia pubblica, ho dovuto pazientare e ascoltare più di 9
discorsi di ringraziamento (tutti peraltro perlopiù stereotipati) per rispetto
del protocollo e delle autorità presenti, per un totale di 5 ore di cerimonia.
4. “In Africa
non ci sono disabili, perché vengono uccisi subito alla nascita”
ci sono eccome, e ci sono anche comunità. pochi
giorni fa ho conosciuto una mamma con suo figlio Frederik, un ragazzo ormai
17enne con gravi disabilità: lo portava con totale amore dovunque andasse,
sulla schiena, e io mi sono sentito tanto piccolo; ho conosciuto bambini nati
con malformazioni che qui non si possono curare, ho conosciuto ragazzi con
sindrome di down, epilettici, autistici. in Congo esistono persone con
disabilità e sono amati, nonostante tutte le difficoltà, tanto quanto in
Italia.
5. “Il mondo
africano è un terzo mondo, un mondo primitivo”
e se il mondo africano fosse semplicemente
un mondo altro, con valori, tradizioni, connotazioni proprie? sarebbe tanto
difficile da accettare? non ne faccio un giudizio morale positivo o negativo,
ma solamente di una diversità arricchente: come il blu è differente dal rosso,
senza che uno sia meglio dell’altro, il bianco dal nero, così la loro cultura
dalla nostra. anche perché la povertà qui non è un dato strutturale, quanto
l’effetto di una storia coloniale che perdura da secoli: ecco, quello africano
non è un continente primitivo, ma un continente sfruttato, dimenticato.
6. “Ma
l’Africa non ci ha mai insegnato nulla e non potrà mai insegnarci mai nulla”
tralasciando che i primi uomini e le prime
grandi novità della nostra storia sorsero proprio dalla regione africana dei
grandi laghi, è innegabile e attuale la larga influenza sulla nostra cultura: dalla
musica contemporanea (blues, jazz, gospel, sino alla recente RnB) alla danza
moderna (hip hop) e alla moda, ma l’arte nera ha determinato anche la cultura
europea più aulica, basti pensare alla casa del surrealista A. Breton, piena di
feticci e statue d’ebano, o all’innovativo saggio di T. Tzara, fondatore del
dadaismo, “Sull’arte primitiva”, all’influenza sul cubismo.
7. “E’ facile per loro venire qui e
invaderci; vorrei vedere se capitasse nei loro paesi, che succederebbe…”
ebbene, il Congo ha accolto e accoglie ogni
anno migliaia, milioni di immigrati dai paesi circostanti, ora soprattutto dal
Sud Sudan. nella sola regione dell’Ituri ci sono tendopoli per migliaia di
profughi ad Aba e Biringi, tendopoli che si affollano sempre più. e come
reagiscono? be’, la Caritas della diocesi di Mahagi-Nioka ha organizzato una
raccolta fondi ed è stato infinitamente arricchente vedere come anche i più
poveri portassero qualcosa da condividere, anche solo una moneta o una pentola.
non serve aggiungere altro: a ciascuno la capacità di confrontare
quest’accoglienza con quanto avviene in Europa in questi anni di disumana
follia.
8. “Tanto
l’Africa non ha futuro”
l’Africa E’ il futuro, credetemi, poiché ha
risorse smisurate; non intendo solo le risorse naturali lussureggianti, di cui
finora è stata costantemente derubata, ma soprattutto le risorse umane: persone
geniali con un entusiasmo, una sete di vivere che in Occidente sembra perdersi
sempre più. scommettiamo?
9.“Loro sono
troppo differenti da noi”
che esistano diversità socio-culturali è
una realtà evidente e scontata, ma parlateci insieme, con uno di loro, e vedrete che avrete più punti in
comune che differenze, che ama la propria donna, che piange per il dolore o la
nostalgia, che odia le ingiustizie. forse riconoscerete nei suoi occhi un
amico, o un fratello.
10. “No, l’Africa non fa proprio per me”
questa è la frase che io stesso mi sono
ripetuto spesso prima di conoscerla, l’Africa; poi posso dire che docce fredde,
viaggi precari ed estenuanti, soli torridi o piogge torrenziali, insetti e
mostri di genere, pranzi a base di cavallette o formiche e tante altre piccole
nostalgie non sono bastati a inficiare nemmeno un briciolo della sua bellezza,
della sua autenticità, e ora mi trovo qui. venite e vedrete, aveva detto
qualcuno.
venerdì 9 dicembre 2016
magnificat anima mea
ora faccio fatica, a chiamarli poveri. forse non sono
poveri, sono solo altro, forse i poveri sono altri, ma chissà chi o cosa
sancirà chi, tra noi e questo mondo primo, sia veramente meglio. Forse siamo
noi a non essere la normalità, ma l’eccezione.
Africa è come una donna che porta sulla testa il mondo. Il
paese dove le lamentele e i pianti non hanno spazio, il paese dove la gioia non
costa nulla.
molimo mwa nangai
mokokubisa mokonzi
ma kokata ngulu
siamo
qui. tra fufu muchicha
pondu
e il salmone affumicato di Ariwara
le costellazioni cristalline di formicai
nayoki te nayoki te
nayoki
il sole dalla mattina e nella notte le stelle
Orione accasciato a Oriente
Feni che non ha pantaloni infante
Grace che non ha padre per suo figlio
Colette che non ha riposo né soldi malata
e tutti che hanno lo splendore di coloro a cui non manca
nulla. na motema
mobimba
la vita notre vie bomoi
nangai
siamo nel campo di sangue (ari-wara)
tokata ngulu sul
monte Morìa
hanno barattato l’ariete bianco
poiché i poveri puzzano e non hanno amici
hanno sgozzato Gemima figlia di Giobbe
e una mamma bambina
e quelle ridono più di Isacco
bakati ngulu: ogni
respiro
è il bottino abbondante, senza sforzo
mica il trono affannato dei superbi
renvoie les riches les
mains vides
e l’alba s’alza lieve all’estasi di
Colette che conosce l’amore
Grace che dondola l’uomo
Feni che sorride di occhi
e me che sono solo esule
di quest’eden tradito LA GLOIRE DE DIEU
EST L’HOMME VIVANT vivant
a Radio Simba balbetta un mundele grato
e l’eco di Tchaikovsky accoccolato
na motema ngolu na
bana
molimo mwa nangai
mokokubisa mokonzi: l’anima mia esalta il signore, inizio del Magnificat, in Lc
1, 46
kokata ngulu:
ammazzate il maiale!
fufu muchicha pondu:
cibi tipici della cucina congolese, nello specifico sono rispettivamente
polenta di manioca, verdure cotte simili alle coste e foglie di manioca cotte
nayoki te nayoki te
nayoki: non capisco non capisco capisco, ma anche non sento non sento sento
na motema mobimba: e
tutto il (mio) cuore / e tutta la (mia) anima, ovvero continuazione di Lc 1, 46
bomoi nangai: la mia
vita
tokata ngulu:
ammazziamo il maiale!
il monte Moria è il
monte del sacrificio di Isacco in Gn 33
bakati ngulu:
ammazzano il maiale
renvoie les riches les
mains vides: rimanda i ricchi a mani vuote, continuazione di Lc 1, 46
mundele: bianco
na motema ngolu na
bana: per la grazia dei fanciulli
venerdì 2 dicembre 2016
Piccola Favola d'Africa
c’era una volta un bambino, una mamma e un leone.
c’era una volta in Africa un bambino, una mamma e un leone.
ad Ariwara, un lontano villaggio sperduto nell’Ituri, nell’estremità nordorientale del Congo, costantemente a 5 minuti dal nulla.
c’ero anche io, nascosto come uno straniero, a vivere questa favola dietro a un baobab.
allora, c’era una volta un bambino, che sorrideva, una mamma, che si affaticava, e un leone: no, il leone non è il protagonista e in questa storia in realtà non fa proprio nulla, scappa via nella savana, a Sud, verso Biringi.
il bambino, dicevo, sorrideva, accoccolato al dorso della mamma, che si affaticava in un campo di manioca, al mercato, in marcia sulla lunga strada di terra rossa. lunga fino a dove? lunga sino al sole.
quasi mi illudevo che bastasse così poco per una felicità.
alzarsi con l’alba, coricarsi nella sera in una capanna di fango e fogliame, una notte di silenzio e stelle senza sapere quel che avverrà domani.
quasi mi illudo che basti così poco per la felicità.
in effetti, direte voi, mancano ancora tante cose per essere felici, tante cose. le scorgo nei nostri occhi, tra le nostre mani, nei nostri pensieri. fatene un elenco rapido, anche senza pronunciarle ad alta voce: tante e tante cose davvero.
io mi fido di quel che dite, figuratevi, eppure quel dubbio mi rimane, che basti così poco per una felicità, un bambino accoccolato al grembo della mamma.
sarebbe troppo semplice, cercherete di convincermi, troppo sciocco e chissà quanti pericoli, senza tutte quelle altre nostre cose, e io vi ascolto, mi fido di voi, poiché siete delle persone serie.
ma sapete cosa succede, alla fine di questa mia storia? che il bambino sorride, che la mamma sorride e che, mi scuserete, sorrido anch’io.
venerdì 25 novembre 2016
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