domenica 7 luglio 2024

Una Giraffa nell'Armadio/2: VI AUGURO DI ESSERE FOLLEMENTE AMATA

UNA GIRAFFA NELL'ARMADIO

Guida poetica all'Immaginazione cap. II


Vi auguro di essere follemente amata


Nel 1936, a cavallo tra settembre e ottobre, André Breton scrive una lunga lettera per la figlia Aube, nata solo poche settimane prima, il 20 dicembre 1935, una lettera che la piccola avrebbe dovuto leggere solo dopo nel 1952, al compimento dei 16 anni. 

"Mia cara piccola bimba, che non avete che otto mesi, che sorridete sempre, che siete fatta proprio come il corallo e la perla..."

In queste righe, in cui l'autore si rivolge con un tenero e cortese "voi" alla donna che la sua bambina diventerà, troviamo un testo altamente poetico, più che epistolare, in cui la guida del Surrealismo traccia un punto sulle sue scelte, soprattutto quella della paternità, e consegna alla figlia il suo messaggio d’amore, potente e limpido. È qui che emerge un Breton intimo, commosso: la piccola Aube, "potenza perpetua della donna, la sola davanti a cui io mi sia mai inchinato", diventa il punto di unione tra necessità naturale e necessità umana, tra realtà e sogno e la sua manina fa scaturire per la prima volta la promessa del "sempre". 

"Forse è stata una terribile imprudenza ma è stata proprio quest’imprudenza a rivelarsi la gemma più bella dello scrigno"

Con questo testo, un inno all'amore assoluto, libero e disinteressato, come unico motore del mondo, Breton deciderà di concludere l’Amour fou, uno dei suoi romanzi più suggestivi, pubblicato nel 1937.

"Non nego che l’amore debba necessariamente avere a che fare con la vita. Dico che questo deve vincere e per questo deve essere innalzato a una tale coscienza poetica di se stesso che tutto ciò che inevitabilmente incontri di ostile si sciolga al focolare della sua gloria"

Così posso non pensare alla mia piccola "Crincipessa del Pongo"... ma, per capire meglio, leggete queste righe incantevoli...


Cara Scricciolina di Noiattolo (1),

nella bella primavera del 1952 avrete appena raggiunto i 16 anni e forse sarete tentata di dischiudere questo libro di cui, amo pensare, il titolo vi sarà eufonicamente portato dal vento che accarezza i biancospini… Tutti i sogni, tutte le speranze, tutte le illusioni danzeranno notte e giorno, spero, alla luce dei vostri riccioli e io, che non desidererei esserci che per vedervi, non sarò senza dubbio più qui. I cavalieri misteriosi e splendidi passeranno a briglie sciolte, al crepuscolo, lungo i ruscelli cangianti. Sotto dei leggeri veli verde acqua, con un passo di sonnambula una ragazza scivolerà sotto le alti volte, dove luccicherà solo una lampada votiva. Ma gli spiriti dei giunchi, ma i microscopici gatti che fanno finta di dormire negli anelli, ma l’elegante pistola giocattolo con incisa la parola “ballo” baderanno a non farvi vivere queste scene troppo tragicamente. Qualunque sia la parte mai abbastanza bella, o tutt’altro, che vi sarà stata data, io no, non posso saperlo, voi ne godrete a viverla, ad attendere tutto dall’amore. Qualunque cosa accada da oggi a quando avrete conoscenza di questa lettera (pare che l’insupponibile sia proprio ciò che è destinato a divenire realtà) lasciatemi pensare che allora sarete pronta a incarnare questa potenza perpetua della donna, la sola davanti a cui io mi sia mai inchinato. Che voi chiudiate un leggio su un mondo blu corvino di ogni fantasia o che vi delineiate, al di là di un bouquet della vostra camicetta, come un profilo solare sul muro d’una fabbrica (sono lontano dall’essere fissato sul vostro futuro) lasciatemi credere che queste parole, “l’amore folle”, saranno un giorno le sole in relazione con la vostra vertigine.

Queste non manterranno la loro promessa poiché non faranno altro che illuminarvi il mistero della vostra nascita. Anni or sono avevo pensato che la follia peggiore fosse quella di dare la vita. In ogni caso io non lo avevo perdonato a coloro che me l’avevano data. Può accadere che anche voi alcuni giorni non me lo perdonerete. È questo il motivo per il quale ho scelto di guardarvi a 16 anni, nel momento in cui voi non potete più avercela con me. Che dico, di guardarvi, no, di cercare di vedervi attraverso i vostri stessi occhi, di guardarmi attraverso i vostri occhi. Mia cara piccola bimba, che non avete che otto mesi, che sorridete sempre, che siete fatta proprio come il corallo e la perla, in quel momento saprete che bisogna rigorosamente escludere ogni concetto di caso dalla vostra venuta, che questa è proprio accaduta nell’ora stessa in cui doveva accadere, né troppo presto né troppo tardi, e che al di sopra della vostra culla di vimini non c’era alcuna ombra ad attendervi. Persino la grande miseria che c’era stata e che resta la mia per qualche giorno si appacificò. D’altronde io non mi ero mica scagliato contro questa miseria: accettavo di dover pagare il riscatto della mia non-schiavitù a vita, di assolvere il diritto che una volta per tutte mi ero assegnato di non esprimere altre idee che le mie. Non eravamo poi numerosi… Lei passava da lontano, tanto impreziosita, quasi giustificata, un po’ come in quello che è stato chiamato il periodo blu per un pittore che fu tra i vostri primissimi amici (2). Lei appariva come la conseguenza più o meno inevitabile del mio rifiuto di passare per dove passavano quasi tutti gli altri, che fossero in un campo o in un altro. Sappiate che questa miseria, che voi abbiate avuto o no il tempo di provarne orrore, non era che il rovescio della miracolosa medaglia della vostra esistenza: senza di quella la Notte del Girasole sarebbe stata meno scintillante.

Meno scintillante poiché allora l’amore non avrebbe dovuto sfidare tutto quel che ha sfidato, poiché, per trionfare, non avrebbe dovuto contare in tutto e per tutto che su se stesso. Forse è stata una terribile imprudenza ma è stata proprio quest’imprudenza a rivelarsi la gemma più bella dello scrigno. Al di là di questa imprudenza non restava infatti che compierne una ancora più grande: quella di farvi nascere, quella di cui voi siete il soffio profumato. Bisognava che almeno dall’una all’altra fosse tesa una corda magica, tesa fino al punto di rottura al di sopra del precipizio in modo che la bellezza andasse a cogliere voi come un impossibile fiore celeste, aiutandosi solamente col suo bilanciere. Spero che un giorno quantomeno vi piaccia pensare che questo fiore siete voi, che siete nata senza alcun contatto col suolo infelicemente fertile chiamato convenzionalmente “gli interessi umani”. Voi provenite dall’unico luccichio di ciò che fu la tarda realizzazione della poesia alla quale mi ero votato nella mia giovinezza, della poesia che ho continuato a servire, in spregio di tutto ciò che non lo era. Voi vi siete trovata qui come per incanto e semmai ritrovate un velo di tristezza in queste parole che per la prima volta rivolgo solo a voi, sappiate che questo incantesimo continua e continuerà a essere un tutt’uno con voi, che supererà necessariamente tutte le lacerazioni del mio cuore. Sempre e a lungo, le due parolone nemiche che si affrontano da quando si tratta di amore, non si sono mai scambiati sopra di me colpi di spada tanto accecanti quanto oggi, in un cielo tutto intero come i vostri occhi il cui bianco è ancora così azzurro. Di queste parole, quella che porta i miei colori, anche se la sua stella si affievolisce in quest’ora, è sempre. Sempre, come nei giuramenti che esigono le ragazze. Sempre, come sulla sabbia bianca del tempo e attraverso la grazia di questo strumento che serve a contarla ma solamente fino a qui vi affascina e vi affama, ridotto a un filo di latte senza fine che cola da un seno di vetro. Verso tutto, contro tutto avrò garantito che questo sempre è la chiave universale. Quel che ho amato, che io l’abbia protetto o meno, io lo amerò sempre. Siccome anche voi siete chiamata a soffrire, alla conclusione di questo libro vorrei spiegarvi meglio. Ho parlato di un certo “punto sublime” nella montagna. Non è mai stata una questione di fermarmi in modo definitivo a quel punto. D’altra parte quello avrebbe smesso di essere sublime e io avrei smesso di essere un uomo. Siccome era impossibile poter ragionevolmente fissarmici, non me ne sono nemmeno mai allontanato fino a perderlo di vista, fino a non poterlo più mostrare. Avevo scelto di essere questa guida, di conseguenza ero tenuto a mostrarmi degno della potenza che, in direzione dell’amore eterno, mi aveva fatto vedere e mi aveva concesso il privilegio ancor più raro di far vedere. Non ho mai smesso di esserne degno, non ho mai smesso di far sì che la carne dell’essere che amo e la neve delle vette al sorgere del sole non fossero che una cosa sola. Dell’amore non ho voluto conoscere che le ore del trionfo, di cui chiudo qui la collana su di voi. Inoltre sono certo che comprenderete quale fiacchezza mi leghi alla perla nera, l’ultima, quale suprema speranza di una cospirazione ho messo in essa. Non nego che l’amore debba necessariamente avere a che fare con la vita. Dico che questo deve vincere e per questo deve essere innalzato a una tale coscienza poetica di se stesso che tutto ciò che inevitabilmente incontri di ostile si sciolga al focolare della sua gloria.

Quantomeno questa sarà stata in eterno la mia grande speranza, alla quale non toglie nulla l’incapacità in cui sono incappato talvolta di mostrarmi alla sua altezza. Se è mai entrato in composizione con altre speranze, sono sicuro che ciò non vi tocca meno da vicino. Come ho voluto che la vostra esistenza conoscesse questa ragion d’essere che avevo chiesto a ciò che era per me, con tutta la forza del termine, la bellezza, con tutta la forza del termine, l’amore (il nome che vi pongo in cima all’inizio di questa lettere, sotto la sua forma anagrammatica, non mi rende solamente conto in modo affascinante del vostro aspetto attuale poiché, molto tempo dopo averlo inventato per voi, mi sono accorto che le parole che lo compongono, a pagina 66 di questo libro, mi erano servite a caratterizzare l’aspetto stesso che aveva assunto per me l’amore: deve essere questa la somiglianza), allo stesso modo ho voluto ancora che tutto ciò che attendo dal divenire umano, tutto ciò per cui, secondo me, vale la pena di lottare per tutti e non per uno solo, cessasse d’essere un modo formale di pensare, fosse pure il più nobile, per confrontarsi con questa realtà viva nel divenire che siete voi. Voglio dire che ho temuto, in un certo periodo della mia vita, di essere privato del contatto necessario, del contatto umano con ciò che sarebbe stato dopo di me. Dopo di me, quest’idea seguita a perdersi ma si ritrova meravigliosamente in quel batter d’occhio che avete come (e per me non come) tutti i bambini. Ho tanto ammirato, dal primo giorno, la vostra manina. Volteggiava intorno a tutto quel che avevo tentato di edificare intellettualmente e sembrava colpirlo nella sua vanità. Questa mano, che cosa insensata e quanto commisero quanti non hanno avuto l’occasione di miniarne come fosse una stella la più bella pagina di un libro! Povertà, d’improvviso, del fiore. Basta prendere in considerazione questa mano per comprendere quanto è ridicolo l’uomo quando fa il punto di quanto crede di conoscere. Tutto ciò che capisce di questa mano è che è davvero fatta, in tutti i sensi, per il meglio. Questa cieca aspirazione al meglio sarebbe già sufficiente a giustificare l’amore come lo concepisco io, l’amore assoluto, solo principio di selezione fisica e morale che possa corrispondere alla non-vanità della testimonianza, del passaggio dell’uomo.

Pensavo a questo, non senza frenesia, nel settembre 1936, solo con voi nella mia celebre casa inabitabile di salgemma (3). Ci pensavo durante la lettura dei giornali che riferivano più o meno ipocritamente gli episodi della guerra civile spagnola, dei giornali dietro cui credevate che sparissi giocando con voi a nascondino. Ed era pure vero, poiché in quei minuti il conscio e l’inconscio esistevano, sotto la vostra forma e sotto la mia, in un’assoluta dualità uno vicino all’altro e l’uno ignorava totalmente l’altro e tuttavia comunicavano a piacere attraverso quell’unico filo onnipossente che era il semplice scambio di sguardi tra noi. Di certo la mia vita allora non teneva che a questo filo. Era grande la tentazione d’andare a offrirla a quanti, senza possibilità di errore e senza distinzione di tendenze, volevano finirla costi quel che costi con il vecchio “ordine” fondato sul culto di questa trinità riprovevole: la famiglia, la patria e la religione. E tuttavia mi trattenevate per questo filo che è quello della felicità, come traspariva nella trama dell’infelicità stessa. Amavo in voi tutti i bambini dei miliziani spagnoli, simili a quelli che avevo visto correre nudi nei sobborghi di pepe di Santa Cruz de Tenerife. Possa il sacrificio di tante vite umane farne un giorno degli esseri felici! E tuttavia non mi sentivo il coraggio di esporvi con me per sostenere quel che accadde là. 

Che prima di tutto sia sotterrata l’idea di famiglia! Se ho amato in voi il compimento della necessità naturale, è nella misura esatta in cui ha fatto nella vostra persona una cosa sola con ciò che era per me la necessità umana, la necessità logica, e che la conciliazione di queste due necessità mi è sempre apparsa come la sola meraviglia alla portata dell’uomo, come la sola occasione che abbia di fuggire di tanto in tanto alla meschina malvagità della sua condizione. Siete passata dal non-essere all’essere in virtù di uno di questi accordi realizzati che sono i soli ai quali ho gradito prestare orecchio. Eravate data come possibile, come certa nel momento stesso in cui, nell’amore più sicuro di sé, un uomo e una donna vi volevano.

Allontanarmi da voi! M’importava troppo, per esempio, sentirvi un giorno rispondere in tutta innocenza a queste domande insidiose che i grandi pongono ai bambini: “Con cosa si pensa, si soffre? Come si impara il proprio nome, al sole? Da dove viene la notte?”. Come se queste stesse persone fossero capaci di rispondere! Poiché per me siete la creatura umana nella sua perfetta autenticità, siete voi che contro ogni verosimiglianza avreste dovuto insegnarmelo…

Vi auguro di essere follemente amata.

trad. Emanuele Pini



(1) In francese
Écusette de Noireuil, un gioco di parole, con uno scambio delle sillabe iniziali, per noisette d'écureuil, ovvero “nocciolina di scoiattolo”: nella stessa opera spiega che il sorriso della madre, Jacqueline Lamba, gli lasciava il ricordo “di uno scoiattolo che stringe una nocciolina verde” (Amour fou, IV).

(2) Il riferimento è al pittore Pablo Picasso, che frequentò la famiglia Breton in questo periodo.

(3) Riferimento a un luogo di trasparenza, all’esaltazione della creazione spontanea, come la casa di vetro già evocata in Nadja; sempre in Amour fou, I viene cantato il cristallo per le stesse caratteristiche.

martedì 18 giugno 2024

Il grande problema della poesia oggi

Oggi il grande problema della poesia è che non viene raccontata.

Talvolta si recita, qualcuno prova a insegnarla, chi si azzarda a spiegarla, addirittura si ignora o si nasconde, ma difficilmente si racconta.

Se fate attenzione, nelle librerie sostano centinaia di tomi intonsi con versi celestiali senza alcun accompagnamento oppure al contrario possiamo trovare manuali, pagine web con tonnellate di analisi retorico-semiotiche.

Ma la poesia raramente è raccontata: non ci si sofferma più a descrivere cosa ci fa fremere, cosa ci fa riflettere, a narrare cosa ci fa sognare, poiché la troviamo direttamente in bustine asettiche, in cassetti esclusivi oppure già spiattellata su carrelli da autopsia come cavie.

La poesia non ci apre più a mondi nuovi, ma solo a noi stessi.

Eppure in questi incontri mi sono divertito un mondo a leggere e condividere con voi testi incantati, a raccontarli, incontrarli e farveli incontrare. Mi sono proprio divertito un mondo nuovo!

Grazie a voi per esserci stati sempre numerosi e aver partecipato con identica passione, grazie per queste occasioni e spero alla prossima...





martedì 11 giugno 2024

Una Giraffa nell'Armadio/1: LE ARANCE DI ELUARD

 UNA GIRAFFA NELL'ARMADIO

Guida poetica all'Immaginazione cap. I


Le Arance di Éluard


Mi piacerebbe leggere insieme una poesia, leggere una poesia con gli occhi e con il cuore, leggere questa poesia per poi diventare capaci di sognare.

Prendiamo, un po’ a caso, questi versi di Éluard:

P. Éluard, La Terre est bleue comme une orange, in L’amour la poésie (1929)


La Terra è blu come un’arancia
Mai un errore le parole non mentono mai
Non vi permettono più di cantare
Al turno dei baci di sentirsi
I pazzi e gli amori
Lei la sua bocca alleata
Tutti i segreti tutti i sorrisi
E alcuni abiti d’indulgenza
Per crederla tutta nuda.

Fioriscono verdi le vespe
L’alba arriva attorno al collo
Una collana di finestre
Delle ali coprono le foglie
Tu hai tutte le gioie solari
Tutto il Sole sulla Terra
Sulle strade della tua bellezza.


Questo Éluard forse ci prende in giro, con l’accostamento La Terra è blu come un'arancia all’inizio di questa lirica, un’immagine che pare tanto paradossale da sembrare idiota, o forse graffiante. Un’arancia blu? E perché non un’anguria azzurra? Anche se alcuni anni dopo, nel 1968, abbiamo scoperto che il nostro è davvero un pianeta blu, con le prime foto a colori dallo spazio, è possibile blu come un’arancia? E poi proprio l’arancia, protagonista di un'altra poesia celebre dell’autore, La tua chioma d’arance nel vuoto del mondo in Au défaut du silence (1925) di qualche anno prima, protagonista anche di Alicante di Prévert, che iniziava con Un’arancia sulla tavola, di qualche anno dopo (1946). 

È solo una delle solite assurdità surrealiste? Proviamo a continuare e nel verso successivo troviamo che il poeta non solo continua la sfida, ma addirittura rilancia, se davvero le parole non mentono mai. Varcata anche questa provocazione entriamo in un’altra atmosfera, in cui la carnalità dei baci sono protagonisti di un rituale quasi metafisico. Qui è facile perdersi tra questi segreti accoppiati ai suoi sorrisi e all’idea di questa bocca, alleata, come legata al desiderio dei miei occhi.

Inizio della seconda strofa: Fioriscono verdi le vespe. Mi sembra di sprofondare in un’altra beffa insensata. Poi rileggo tra me le immagini e trovo invece che queste parole sono solo un’estrema sintesi di una scena primaverile, in cui troviamo connessi in un modo nucleare e analogico i fiori, il verde dei prati, le vespe che lo abitano. In Fioriscono verdi le vespe noi immaginiamo e in questa fantasia è racchiusa l’essenza di una primavera totale, quella stagione in cui l’amore appare esplosivo anche nel mondo fisico e naturale.

È solo alla fine di questa danza di versi che mi appare un girotondo, un immenso girotondo di parole: la Terra, l’arancia, poi l’alba che è una perla, sempre color arancio, intorno al collo, la collana altrettanto circolare e il Sole e infine ancora la Terra, come sfere di un gioco cosmico. Un girotondo che ruota tra continui cerchi, dal primo all’ultimo verso, che rimandano reciprocamente l’uno all’altro, che alla fine mi trascinano in questa danza felice. Non è il cerchio la forma dell’armonia perfetta? Non è la circolarità il percorso dell’eterno? Non è un caso che per tre volte il testo ripete tutti...tuttatuttetutto, come se, dietro queste sfere che si sostituiscono e si scambiano, si scorga un amore e un’armonia capaci di impregnare tutta l’esistenza

Infine qui Éluard ritroviamo tutto il sentimento per sua moglie Gala, Gala dagli occhi azzurri e dai capelli rossi come un’arancia. Anche Salvador Dalì anni dopo, nel 1932, fece un ritratto di Gala, Gala dagli occhi azzurri e dai capelli rossi (vi ricordate La tua chioma d’arance nel vuoto del mondo?), in un quadro che intitolò Gala Placidia, con un gioco di parole che mirava ad accostare la propria donna alla gloria di Galla Placidia, figlia di Teodosio e imperatrice dell’Impero Romano: su questa tela si vede un volto di una donna composto di decine di forme sferiche, forme simili a un’arancia.


In sintesi, ecco cosa mi hanno mostrato questi versi di Éluard:

1. Cosa è l’immagine? L’armata della fantasia, in cui più sono distanti i capi di questo gomitolo d’amore, più il filo è teso e vivo. Questo legame invisibile e irruento, illogico e appassionato io lo chiamo poesia. La Terra in cui l’uomo vive è un’arancia, tonda e arrossata, e quest’arancia è un sole, un’alba di luce, e questo sole è il mio amore.

2. L’amore non è mai un sentimento per pavidi o per metodici, in particolar modo l’amore surrealista è un atteggiamento assoluto e totale, una scelta senza alternativa alcuna, una promessa che non perdona, un miracolo che non può essere quotidiano. 

3. In un’arancia, dietro questa scorza amarognola e regolarmente palpitante, si nasconde un mondo di colori e di forme che non posso esaurire, che io non sono capace di esaurire; l’arancia è la pienezza della vita, passione della terra, la donna nelle sue forme e nella sua rotondità che si unisce all’azzurro del cosmo per generare l’amore: tutto il Sole della Terra. E questa è l’immagine di una Terra celeste

D’altronde le parole non mentono, mai.


Salvador Dalì, Gala Placidia, 1932


sabato 25 maggio 2024

La carne del fantasma e il sudore degli astri


 𝑰𝒍 𝒇𝒂𝒏𝒕𝒂𝒔𝒎𝒂 𝒆𝒏𝒕𝒓𝒂 𝒊𝒏 𝒑𝒖𝒏𝒕𝒂 𝒅𝒊 𝒑𝒊𝒆𝒅𝒊. 𝑰𝒔𝒑𝒆𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂 𝒓𝒂𝒑𝒊𝒅𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒍𝒂 𝒕𝒐𝒓𝒓𝒆 𝒆 𝒔𝒄𝒆𝒏𝒅𝒆 𝒍𝒂 𝒔𝒄𝒂𝒍𝒂 𝒕𝒓𝒊𝒂𝒏𝒈𝒐𝒍𝒂𝒓𝒆. 𝑳𝒆 𝒔𝒖𝒆 𝒄𝒂𝒍𝒛𝒆 𝒅𝒊 𝒔𝒆𝒕𝒂 𝒓𝒐𝒔𝒔𝒂 𝒈𝒆𝒕𝒕𝒂𝒏𝒐 𝒖𝒏 𝒃𝒂𝒈𝒍𝒊𝒐𝒓𝒆 𝒗𝒐𝒓𝒕𝒊𝒄𝒐𝒔𝒐 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒆 𝒄𝒐𝒍𝒍𝒊𝒏𝒆 𝒑𝒊𝒆𝒏𝒆 𝒅𝒊 𝒈𝒊𝒖𝒏𝒄𝒉𝒊. 𝑰𝒍 𝒇𝒂𝒏𝒕𝒂𝒔𝒎𝒂 𝒉𝒂 𝒅𝒖𝒆𝒄𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒂𝒏𝒏𝒊, 𝒑𝒂𝒓𝒍𝒂 𝒂𝒏𝒄𝒐𝒓𝒂 𝒖𝒏 𝒑𝒐' 𝒅𝒊 𝒇𝒓𝒂𝒏𝒄𝒆𝒔𝒆. 𝑴𝒂 𝒏𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒖𝒂 𝒄𝒂𝒓𝒏𝒆 𝒕𝒓𝒂𝒔𝒑𝒂𝒓𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒔𝒊 𝒎𝒆𝒔𝒄𝒐𝒍𝒂𝒏𝒐 𝒍𝒂 𝒓𝒖𝒈𝒊𝒂𝒅𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒆𝒓𝒂 𝒆 𝒊𝒍 𝒔𝒖𝒅𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒆𝒈𝒍𝒊 𝒂𝒔𝒕𝒓𝒊. (A. Breton, "Pesce solubile" I)

Anche in un testo destrutturato da ogni logica e da ogni narrazione ordinaria, qualcosa rimane, che sorprende e incanta.

Questa concretezza dell'immaginazione, capace di unire elementi tanto lontani, il sudore e gli astri, un fantasma e le sue calze di seta rossa o, come diceva Marinetti, "l'amore profondo che lega le cose distanti, apparentemente diverse e ostili".

Sì, a volte leggere è anche amare.

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato alla serata di ieri a Bulgarograsso, numerosissimi per un incontro veramente piacevole!

Lunedì a Bologna!







venerdì 17 maggio 2024

"Pesce solubile", Bulgarograsso 24/05/24


Dieci giorni fa mi hanno hackerato i profili social e ho perso immagini, foto, testi, amici lontani e forse anche qualche ricordo.

Avrei raccontato della bella serata ad Appiano Gentile, dei volti incrociati, delle parole dette e lette, con una partecipazione autentica.

Ad esempio, questo amore "automatico", che sogna e osserva, che è un continuo appartenere e perdere, spogliare e tenere, un amore che mi affascina nel suo magico equilibrio di tenerezza, in quel mezzo limone verde:

"Amarla, c’ho pensato come si ama. Ma non sono riuscito a sbarazzarmi del tutto di quel mezzo limone verde, dei suoi capelli arruffati e della sconsideratezza delle trappole per catturare animali vivi. Ora lei dorme, di fronte all’infinito dei miei amori, davanti a questo specchio appannato da respiri terreni. È quando dorme che mi appartiene davvero, entro nei suoi sogni come un ladro e la perdo come si perde una corona. Sono stato spogliato delle radici d’oro, certo, ma tengo i fili della tempesta e custodisco i sigilli del crimine" (Pesce solubile, I).

Vi aspetto venerdì 24 maggio a Bulgarograsso per nuovi testi, nuovi incontri e una nuova immaginazione!


sabato 4 maggio 2024

Incontri a maggio e giugno


Ecco i prossimi appuntamenti per gli incontri con "Pesce solubile":

🐟 mercoledì 𝟖 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 20h45 ad 𝐀𝐩𝐩𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐆𝐞𝐧𝐭𝐢𝐥𝐞 presso la Biblioteca Appiano Gentile

🐠 venerdì 𝟐𝟒 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 20h45 a 𝐁𝐮𝐥𝐠𝐚𝐫𝐨𝐠𝐫𝐚𝐬𝐬𝐨 presso la Biblioteca Anna Frank Bulgarograsso

🐡 lunedì 𝟐𝟕 𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 18h00 a 𝐁𝐨𝐥𝐨𝐠𝐧𝐚 presso l' Alliance Française Bologna

🐬 venerdì 𝟏𝟒 𝐠𝐢𝐮𝐠𝐧𝐨 20h45 a 𝐅𝐢𝐧𝐨 𝐌𝐨𝐫𝐧𝐚𝐬𝐜𝐨 presso la Biblioteca Fino Mornasco


Se volete scoprire cosa è il Surrealismo e questo testo cardinale, non mancate!

𝑃𝑜𝑖𝑐ℎ𝑒́ 𝑠𝑖 𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑣𝑖𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑙𝑎̀ 𝑑𝑜𝑣𝑒 𝑙𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑒̀ 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎 𝑖𝑛 𝑔𝑟𝑎𝑑𝑜 𝑑𝑖 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑜𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑣𝑢𝑙𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑣𝑒𝑟𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑎𝑙𝑖 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑟𝑒 𝑎𝑑 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑟𝑖𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑓𝑒𝑛𝑜𝑚𝑒𝑛𝑖 𝑛𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎𝑙𝑖. 𝐿'𝑎𝑢𝑟𝑜𝑟𝑎 𝑏𝑜𝑟𝑒𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛 𝑐𝑎𝑚𝑒𝑟𝑎 𝑒̀ 𝑢𝑛 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑜 𝑎𝑣𝑎𝑛𝑡𝑖, 𝑛𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜. 𝐿'𝑎𝑚𝑜𝑟𝑒 𝑙𝑜 𝑠𝑎𝑟𝑎̀.

(A. Breton, "Pesce solubile" VII)

martedì 30 aprile 2024

Pesce solubile, 100 anni del Regno dell'Immaginazione - 8 maggio 2024


Tra un pannolino e l'altro, sarò felice di parlare di surrealismo, poesia e "Pesce solubile" mercoledì prossimo alla Biblioteca di Appiano Gentile, in cui "ridurremo l'arte alla sua espressione più semplice, che è l'amore" (A. Breton).
Non mancate e tenetevi pronti per i prossimi appuntamenti!


 

domenica 21 aprile 2024

"Pesce solubile" in 3 minuti

Alla scoperta del Regno dell'Immaginazione: "Pesce solubile" di André Breton in 3 minuti!

Qui presento il volume, curato da me e pubblicato da Fernandel (2024), in occasione del centenario del movimento surrealista. Che ne pensate? Se vi fa piacere, lasciate un like o un commento.

Per info sul libro:

Pesce Solubile

Per l'acquisto:

Acquisto Pesce Solubile

Un grazie per il montaggio, luci e regia al "sincero" Matteo Pini.




sabato 13 aprile 2024

“I quadri di Magritte non hanno senso!”

I quadri di Magritte non hanno senso!” o “Che assurdità Dalì!”. 

Se anche tu almeno in un’occasione lo hai pensato, ti lancio una sfida: provare a scoprire il Surrealismo. In questo libretto, pubblicato nel 1924 insieme al "Manifesto del Surrealismo" e oggi per la prima volta in italiano, troverai 32 breve storie dove, Breton diceva, «le parole fanno l’amore», il primo esperimento di testi automatici propriamente surrealisti. Accompagnato da una ricca introduzione e da precise note, potrai scoprire questa letteratura, occasione per liberare l’inconscio in un caleidoscopio di immagini. Allora, sei pronto per prendere in mano "Pesce solubile"

Se sei curioso, prova a guardare qui: https://amzn.eu/d/8bPuUNf e, se ti va, lascia una recensione!




domenica 7 aprile 2024

martedì 21 agosto 2012

21.VIII.'12: la data è ancora scritta in un piccolo angolo in alto a destra, appena sopra il mio nome, tracciata di fretta, forse di sfuggita sulla metro o su una panchina di Parigi, non ricordo più. 

Questo libretto di un centinaio di pagine invece mi ha conquistato con le settimane, i mesi, gli anni. Dentro si possono ancora trovare relitti dei mille viaggi in cui l’ho trascinato con me, tra pastelli parigini, souvenir ugandesi e biglietti di Marrakech, e ogni volta quel titolo mi affascinava, "Pesce solubile", come se l’uomo fosse davvero un essere che sapesse davvero dissolversi nel suo stesso ambiente vitale. 

Un altro sentimento mi solleticava ed era un dubbio, il perché non ci fosse ancora un’edizione italiana di queste pagine vivaci, caleidoscopiche, a cui ritornavo periodicamente. È per questo che un giorno, dieci anni dopo, tra le ridenti valli trentine, ho iniziato questa traduzione, che poi mi ha portato anche a tracciare un’introduzione, poi una cura del testo e poi ancora il lavoro editoriale… ed ecco che alla fine tra pochi giorni uscirà il libro, per l’editore Fernandel.

Gli autori, quelli seri, chiedono sempre di accettare il proprio testo, frutto di tante fatiche e lavoro; io invece vi chiedo solo di stringerlo con l’entusiasmo con cui ogni volta lo prendo in mano io, con la speranza di trasmettervi una scintilla di questa passione per quel movimento artistico, tanto citato e tanto ignorato, che è il Surrealismo. 

Di più non potrei chiedere, perché tutto è partito da questo libretto, acquistato alla libreria Gibert Jeune in place St. Michel martedì 21 agosto 2012.

E se sei curioso, prova a guardare qui: Pesce solubile