venerdì 26 maggio 2017
venerdì 12 maggio 2017
Pasqua 2017
non voglio raccontare visioni
fantastiche come se fossero reali:
io racconto la realtà come una visione.
sulla strada petrosa per Kamakà con tre coriste
“Pasika malamu” incontrate sulla strada
petrosa per Kamakà mentre un
bimbo
lacrimava la mamma camminava
spedita avanti e al dorso il
figlio che strillava
avanti occhi duri
fissi avanti il figlio urlava una
disperazione
che nell’uomo non sa finire
il peso grava. “motengoli ozolumba
masuba” commentano di Gillien lo storpio:
“puzza di piscio”, ridendo di
quella disperazione.
ciascuno si trascina la sua
ombra, finché annuncia
un angelo dalla tenerezza di
donna:
niente. niente è incurabile
nemmeno quanto è inguaribile
niente è incurabile. niente.
e restava la casa delle scimmie
e restava anche il bosco dei
manghi
che chiamano incantato e io per
una volta
ci credo continua la strada sette
miglia
petrosa di Kamakà poiché alla
fine
ci saremmo arrivati, alle danze,
sette miglia,
alla gente (arriva anche Gillien
e ceste di manghi maturi) alla
musica
chiassosa alla festa: è Pasqua.
chiassosa alla festa: è Pasqua.
mercoledì 3 maggio 2017
vi chiedo AIUTO
“ndeke azali na mabele te, kasi akolisaka bana na ye”
perché disturbarvi con tutto questo e scrivere di un villaggio lontano, di questo mondo altro?
dapprima capita, stando qui, di
prendere facilmente coscienza di essere fortunato, eppure col tempo questa percezione si
mescola a un sentimento dal sapore più amaro, a un silenzioso senso di
ingiustizia.
mi rimane impressa la frase
finale di uno dei miei film preferiti, vecchiotto ma che di certo alcuni fra
voi avranno ben presente, The Mission di Joffé, sì quello con Robert De Niro e un
grandioso Jeremy Irons:
“il mondo è così. no, così l’abbiamo fatto
noi, questo mondo, così l’ho fatto io”. e se per molti è facile trovare
argomenti per giustificare queste ingiustizie, anche io credo tutto questo sia costruito da noi, dalla nostra storia e
non da altro. perciò vi scrivo e provo, timidamente, senza volervi disturbare,
a chiedervi un favore.
la Repubblica Democratica del Congo il prossimo inverno entrerà in
guerra, attorno al prossimo dicembre. non voglio essere catastrofista e non
voglio fare preoccupare nessuno, poiché io sto alla grande e sono più che al
sicuro, qui nell'Ituri, grazie al VOICA e alle madri canossiane, io.
non sono nemmeno diventato un
profeta, ma quel che verrà non è difficile da prevedere, se la situazione
rimarrà questa. qual è la situazione?
non è facile riassumere tutto, ma
ci provo, di pancia, sperando che mi perdonerete qualche semplificazione:
in questa storia ci sono un
presidente, un’opposizione e una popolazione; come i protagonisti di qualsiasi
Paese apparentemente normale, direte voi, se non che…
il presidente, Joseph Kabila, eletto regolarmente nel 2006 e rieletto
(più o meno regolarmente) nel 2011, ha finito il suo mandato mesi fa, lo scorso
19 dicembre, una giornata che ha vissuto altissime tensioni interne. l’ennesimo
padre della patria/dittatore africano? lascio rispondere a voi, ma no, lui non ci
pensa proprio a dimettersi, forse anche considerati gli immensi vantaggi
economici che accompagnano questo ruolo (qui si racconta sia uno delle dieci
persone più ricche al mondo, ma non saprei bene come verificare), allora tarda,
cerca di forzare la costituzione per rendere ammissibile la sua candidatura per
un eventuale terzo mandato a delle ipotetiche prossime elezioni il prossimo
dicembre, finge un dialogo con la CENCO (la conferenza dei vescovi congolesi),
che ha anche partorito un compromesso, quello della “notte di S. Silvestro”… ma
di cui non si è fatto più nulla, carta straccia dimenticata. dice che il Paese
non ha abbastanza fondi, per queste benedette elezioni, e attende, si nasconde,
tanto che è più di due mesi che non fa apparizioni pubbliche, rendendo il Paese
sempre più instabile, ingovernabile, tra lo sfruttamento minerario selvaggio da
parte delle potenze mondiali, l’invadente propaganda di regime e i ribelli in
numerose regioni: non si dimetterà, nemmeno a dicembre, quando il suo mandato
sarà scaduto ormai da un anno; non si dimetterà e non ci crede più nessuno.
poi c’è l’opposizione, che da anni si divide in centinaia di protagonismi
risibili: la divisione più recente è stata causata dall’eredità spirituale di
Etienne Tshisekedi, padre della patria morto poche settimane fa, il 1 febbraio
2017. tafferugli e scontri dialettici per la sua salma, ma nessuna proposta,
nessuna unione, insomma nulla di nulla. d’altronde l’attuale e fresco primo ministro,
Bruno Tshibala, lo insegna bene: basta ricevere una poltrona, qualche soldo per
resettare ogni attrito col potere. è desolante constatare come le beghe
politiche, che dovrebbero portare alla promozione umana, nella realtà
quotidiana la annichiliscano.
infine, in fondo, quasi
dimenticata, rimane la popolazione,
ovviamente frustrata, vittima di tutto questo: viene da anni di fame e povertà,
di guerre e massacri che faccio fatica a raccontare, ha vissuto una dittatura
più che trentennale con Mobutu, vive ancora oggi schiacciata da uno stato di
polizia assurdo e da una corruzione dilagante. se vi dicessi, citando solo un dettaglio
fra mille, che le forze dell’ordine, anche negli alti ranghi, si sostentano non
con una paga regolare ma opprimendo le fasce più povere e indifese? che
raramente, se non mai, intervengono senza una mazzetta? i più disperati, i più cinici, i più facinorosi
si adeguano alla fiumana o si ribellano con piccoli tumulti contro il governo o
chiunque possa apparire suo complice. sì, si parla già di fosse comuni, in
seguito agli scontri con l’esercito. a Kinshasa, il centro nevralgico di questa
insofferenza, ho visto alcune chiese bruciate, ho conosciuto una suora belga a
cui, nel Kasai, minacciavano di tagliare le orecchie come vendetta contro i
vescovi che, a loro modo di vedere, non riescono a convincere il presidente a
fare un passo indietro. semplice capire dove andrà a incanalarsi tutta questa
rabbia, facile prevedere in quale abisso cadrà la RDC su questo sentiero.
e la comunità internazionale? beh, guarda dall’esterno, fa tenui denunce formali (di poche settimane fa quella dell’UE) ma rimane troppo coinvolta dagli immensi interessi commerciali nel Paese per poter alzare la voce, anzi probabilmente si appresta solo a incoronare, a legittimare il primo vincente di turno.
per quanto mi riguarda non mi interessa chi abbia o meno
ragione ma è straziante, straziante,
straziante pensare che tante persone a cui voglio bene, tante opere buone
fatte in questi anni, tanti progetti per il futuro di un popolo, generazioni di
bambini e ragazzi già provati da ogni sofferenza possano fra qualche mese
essere cancellati, annullati, annientati, per l’ennesima volta, dalla cecità
della violenza. straziante.
spero di non essere stato troppo
chiaro ed esplicito, ma è la realtà è questa: se tutti continueranno a lavarsi
le mani, se noi continueremo a pensare quanto sia tutto inutile o lontano, la
Repubblica Democratica del Congo il prossimo inverno entrerà in guerra, con
milioni di morti innocenti, come spesso succede, come è già successo.
cosa si possa fare neanch'io forse lo so e proprio per questo chiedo aiuto a voi: aiutateci, aiutateli, finché siamo in tempo, non lasciamoli soli, distanti, ma al contrario avviciniamoci. non so che si possa fare, davvero, e non si può donare se non spontaneamente, ma vi chiedo un solo favore, timidamente,
senza volervi disturbare: leggete, parlate, scrivete, cantate, condividete, danzate, venite,
litigate o quello che preferite, ma fate, fosse solo anche pensare: è tutto
vero e non guardiamo all'ennesima tragedia dell’Umanità come estranei, come dal
finestrino, come se noi, i nostri cellulari e il nostro mondo non c’entrassimo
niente.
e anche se dovessimo sentirci
inutili, qui c’è questo proverbio, “ndeke
azali na mabele te, kasi akolisaka bana na ye”, che potrebbe suonare più o
meno così: “il passero non ha mammelle, eppure nutre lo stesso i suoi infanti”,
e in questo io ho fiducia spassionata.
grazie, di cuore, anche solo per aver letto sino a qui.
Emanuele
ps. per sapere di più, date
un’occhiata anche qui, per un Congo raccontato dai Congolesi:
mentre in italiano:
lunedì 24 aprile 2017
mon cœur s'ouvre à ta voix - le fleuve Congo
mon cœur s'ouvre à ta voix,
comme s'ouvrent les fleurs
aux baisers de l'aurore!
mais, ô mon bienaimé,
pour mieux sécher mes pleurs,
que ta voix parle encore!
dis-moi qu'à Dalila
tu reviens pour jamais.
redis à ma tendresse
les serments d'autrefois,
ces serments que j'aimais!
ah! réponds à ma tendresse!
verse-moi, verse-moi l'ivresse!
verse-moi, verse-moi l'ivresse!
il mio cuore si apre alla tua voce
come si aprono i fiori
ai baci dell'aurora!
ma, o mio amato,
per meglio asciugare le mie lacrime,
parli ancora la tua voce!
dimmi che da Dalila
torni per sempre.
ripeti alla mia tenerezza
i giuramenti di un tempo,
quei giuramente che amavo!
ah! rispondi alla mia tenerezza!
versami l'ebbrezza!
da "Samson et Dalila" di C. Saint-Saens
da "Samson et Dalila" di C. Saint-Saens
mercoledì 5 aprile 2017
2 Re 3, 16 - nudità
il mondo si tramanda per storie, per racconti.
io amo questo episodio su Giosafat, tratto dal II libro dei Re.
che si accumulano tante cose tanto rumore confusione MAIUSCOLI tante immagini tanti colori tante sensazioni, si accumulano come in un deposito senza padrone, si accumulano, dico una banalità, perché abbiamo tanta paura del nostro vuoto, della nostra nudità, di non saper più sentire la nostra emozione, la nostra armonia.
che è uno SPLENDORE, aggiungo io.
perché, lo dice il nipote di un geometra, non si può edificare senza togliere e spesso scavare è meglio di costruire.
d'altronde quello che faccio più fatica a fare qui non è discutere, lavorare, conoscere, ma è imparare a mangiare con le mani.
io amo questo episodio su Giosafat, tratto dal II libro dei Re.
che si accumulano tante cose tanto rumore confusione MAIUSCOLI tante immagini tanti colori tante sensazioni, si accumulano come in un deposito senza padrone, si accumulano, dico una banalità, perché abbiamo tanta paura del nostro vuoto, della nostra nudità, di non saper più sentire la nostra emozione, la nostra armonia.
che è uno SPLENDORE, aggiungo io.
perché, lo dice il nipote di un geometra, non si può edificare senza togliere e spesso scavare è meglio di costruire.
d'altronde quello che faccio più fatica a fare qui non è discutere, lavorare, conoscere, ma è imparare a mangiare con le mani.
“andate a chiamare un suonatore di cetra”
annunziò allora il profeta al sire
“scava dove il letto appare secco scava
dove il fiume muore scava e zampillerà!”
solo i serpenti preferiscono strisciare nella propria polvere
qui suis-je? apprendere l’alba
e lo spegnersi e la gloria del fiore e la malattia
così comprendersi uno ASSIEME all’universo
“qu’est-ce que veut dire ce mot?”
SOLITUDE quando uno si sente
solo “e come può essere solo
un uomo?” visage decouvert
scavò Giosafat scavò e zampillò
e Sisifo assiso stette sul sasso
io, Lemi, Ayikoru marciavamo cantando
nell’atlantide rossa del primo mondo
Iscriviti a:
Post (Atom)