non voglio raccontare visioni
fantastiche come se fossero reali:
io racconto la realtà come una visione.
sulla strada petrosa per Kamakà con tre coriste
“Pasika malamu” incontrate sulla strada
petrosa per Kamakà mentre un
bimbo
lacrimava la mamma camminava
spedita avanti e al dorso il
figlio che strillava
avanti occhi duri
fissi avanti il figlio urlava una
disperazione
che nell’uomo non sa finire
il peso grava. “motengoli ozolumba
masuba” commentano di Gillien lo storpio:
“puzza di piscio”, ridendo di
quella disperazione.
ciascuno si trascina la sua
ombra, finché annuncia
un angelo dalla tenerezza di
donna:
niente. niente è incurabile
nemmeno quanto è inguaribile
niente è incurabile. niente.
e restava la casa delle scimmie
e restava anche il bosco dei
manghi
che chiamano incantato e io per
una volta
ci credo continua la strada sette
miglia
petrosa di Kamakà poiché alla
fine
ci saremmo arrivati, alle danze,
sette miglia,
alla gente (arriva anche Gillien
e ceste di manghi maturi) alla
musica
chiassosa alla festa: è Pasqua.
chiassosa alla festa: è Pasqua.
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