ho assecondato senza cenni l'aridità del meriggio
la notte è il tempo del leone dice il saggio
il saggio che è colui che non accetta
di vivere poiché solo di leoni
s'affanna la luna solo di leoni
Rembrandt, Autoritratto, 1669 |
per pulire una pentola s'insudicia spesso un ruscello
la pulizia di una pentola sporca insozza il torrente
innocente che l'opulenza sboccia spesso
dalla penuria le carogne accalcate
e nere dell'altro prevaricata io
sento pianti di potenti
il sole dei semplici e un fagiano
che ha abbandonato i campi sconci si è rintanato
in una costellazione di nostalgia di statue
e specchi non canta che il canto dei canti
l'eco ossessiva
il canto dei canti
tra i monti scomparsi
dei canti
l'inferno è abituarcisi, a tutto questo
appagato e sazio di polietilene recita:
opprimere o soccombere soppresso
recita la giurisprudenza consolidata
mais il n'y a pas liberté il n'y a pas paix
sans justice mormorano le terre del kivu
del katanga god of salvation terre
rosse del kasai e di masaka
ma l'innocenza sarà lusso per gli uomini
che camminano come presunta supposizione
"io non nuocio non io nella penombra"
per gli annoiati dunque è necessario
assolutamente imprescindibile che accada
una cosa: un amore senza scossa
la carriera una disavventura una
vacanza appagati di potere petrolio e polistirene
senza ricordare senza ricordare senza citare
l'emozione che quasi sconcerta di una danza
felice
cadendo agli altri
lo senti da qui, il canto che si prolunga
si disperde? gli orizzonti s'arrestano a tacere
sed omnia cooperantur in bonum
vorrei crollare serrando terra tra le mie mani
nude vorrei morire con la bocca colma di terra
vorrei perdermi con il cuore pieno di cielo
Rembrandt, Autoritratto, 1669, dettaglio |
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