domenica 6 gennaio 2019

un foglio


mi avete chiesto che ho visto in questi giorni a Bruxelles. confesso che non vi ho mai detto la verità.

sì, palazzi regali, vie festose, capolavori di Rubens o David da pelle d’oca, i sapori unici di Matonge, certo, veramente bello. poi sono passato anche a Tervuren, dove è allestito il più grande museo al mondo dedicato all’Africa Centrale, corridoi e corridoi di vetrine colme di maschere. qui sono conservate statue nkisi, feticci kongo che racchiudono poteri spirituali, e copricapi dei bwami, autorità sacre degli hutu, ho visto antichi katatora dei baluba, oggetti raffinati con funzione di oracolo, e l’elegante arte decorativa bwiin dei kuba;  ci sono anche manufatti di mukanda, una ricca iniziazione pedagogica che partiva dalla rappresentazione teatrale: insomma, tutte straordinarie pratiche sociali, culturali, religiose ormai abbandonate e lontane, perse.  



ecco però che poi ho visto questo foglio: è un contratto stipulato nel 1885, dove Kassabala dichiara di sottomettersi al capo della stazione di Mpala, gli offre un tributo e terreni in cambio della protezione di questo. è solo uno dei tanti trattati che fu fatto firmare a più di quattrocento capi villaggio nonostante non solo non sapessero scrivere ma non conoscessero nemmeno il concetto di alcuni termini usati come “sovranità” o “esclusività”. con quella semplice crocetta magari era stato promesso loro che avrebbero consolidato rapporti di amicizia con il re Leopoldo II, mentre in realtà rinunciavano alle loro terre, a tutte le loro terre e a ogni diritto su queste, consegnandoli a questi stranieri che venivano con il winchester in mano e che uccidevano colla forza del tuono. quel giorno sono iniziati a scomparire i mukanda, l’arte bwiin, i katatora dei baluba, le statue nkisi e anche le danze lugbara.

a Bruxelles ho visto questo foglio e non riesco a scordarlo poiché, vi confesso, istintivamente ho provato imbarazzo per la mia pelle, bianca e pallida. quelle centinaia di culture annientate per una civiltà che forse tanto più “civile” non era, mani moncate per i lavoratori di caucciù, milioni di morti. 
mi scuserete,  lo dice uno che danza canti lugbara e intanto fischietta Beethoven, che mangia chikwangue con pondu mentre con l’altra mano studia Dante, ma questa è la verità intima che non sono mai riuscito confessarvi: provo vergogna


non è neppure la prima volta. qualcuno giustamente penserà che il peso del passato non può schiacciare i figli, ma poi penso a Ovuko, a Odrele, a quei bambini cui davo la mano cantando e che non ci sono più, penso al viavai ininterrotto dei tir stracarichi dalle miniere, alle mamme distrutte al mercato per 10 centesimi. penso al Congo in cui è stata staccata ogni connessione da ormai una settimana perché il regime non accetta i risultati di queste maledette elezioni, ai molti amici là che ho perso in questo silenzio e penso a tante altre realtà che conoscete bene anche voi, realtà che non sono oltre al Mare Nostrum del Mediterraneo. penso a questi volti e provo vergogna. 

“è così che va il mondo”? no, così l’abbiamo fatto noi, questo mondo, e chissà se fra qualche secolo anche noi saremo giudicati come questo foglio, crudele e vigliacco. 

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