mercoledì 7 ottobre 2015

le parole più importanti (e belle, aggiungerei) della mia vita


lo so, non sono mai una buona presentazione, ma questo è quel che è.
avevo sui vent'anni e, bazzicando il libraccio tra il duomo e la statale, avevo comprato un libretto di poeti francesi del novecento. sfogliandolo distrattamente sul treno, trovai questo breve componimento di un poetastro di origini rumene che avevo già sentito lontanamente menzionare al liceo. era a pagina 16, ricordo, e fu un terremoto, come lo è anche oggi, a ogni lettura. sento.
ogni qualvolta, a chi, tra amici, appassionati o alunni, mi chiede quale sia la mia poesia preferita, recito frettolosamente questi versi, mi piace gustare lentamente, interiormente, i loro sorrisi e tentare di chiarire (spesso senza successo, lo ammetto) come tutte le immagini iperboliche inanellate senza le catene della logica, questo pissoir santamente ripugnante e laidamente sublime, questo ottovolante nel quale ci trascinano i versi, questo sentire sia poesia. 
da qui ho conosciuto cosa sia dada e poi il surrealismo, da qui mi sono avvicinato a Tzara, Breton, Artaud e tanti altri, che ormai non sono solo maestri, non sono solo compagni di viaggio; è per questo che ne scrivo, ne parlo, ne vivo: affinché altri ne leggano, ne sentano parlare e scoprano quanto bello sia sentire queste parole.

falso, questo deserto. le ombre che scavo lasciano filtrare i colori come inutili segreti.
i viaggi mi hanno sempre portato troppo lontano.


DADA 5 - Tristan Tzara


Je suis toujours gai comme un pissoir au soleil
Tu t’approchais comme un navire malheureux
J’ai égorgé la hollandaise
Je suis fatigué comme une chevauchée
L’idéal est l’âme de l’avorton que j’ai lié à ses
Intestins et que j’ai pendu et que les moelles percent
Mon dieu o mon cher mr antipyrine o mon cher
Mr antipyrine o mon cher m antipyrine o mon dieu
Il y a autant de sages femmes à Genève que des
Allumettes en norvège
Et tous les petits qui font caca
Dans les cerveaux là où chez nous autres logent l’amour et l’honneur
Io son sempre contento come un pisciatoio al sole
Tu t’avvicinavi come una nave infelice
Ho sgozzato l’olandese
Sono stanco come una cavalcata
L’ideale è l’anima dell’aborto che io ho legato alle sue
Intestina e che ho impiccato e che le midolla squarciano
Mio dio o mio caro signor antipirina o mio caro
Signor antipirina o mio caro sig antipirina o mio dio
Ci sono tante brave donne a Ginevra quanti
Fiammiferi in norvegia
E tutti i piccoli che fanno cacca
Nei cervelli là dove da noi altri alloggiano l’amore e l’onore










giovedì 1 ottobre 2015

breve considerazione inutile su "La morte di Tantalo" di Corazzini

sebbene la necessità del sogno non sia nota, talvolta addirittura rinnegata o peggio ancora trascurata, è evidente che essa esiste. ciò stesso dimostra tanto la concretezza del sogno quanto viceversa il profondo onirismo della realtà. così dico io.
Salvador Dalì, Leda Atomica, 1949
noi sedemmo sull’orlo
della fontana nella vigna d’oro.
sedemmo lacrimosi in silenzio.
le palpebre della mia dolce amica
si gonfiavano dietro le lagrime
come due vele
dietro una leggera brezza marina.

il nostro dolore non era dolore d’amore
né dolore di nostalgia
né dolore carnale.
noi morivamo tutti i giorni
cercando una causa divina
il mio dolce bene ed io.

ma quel giorno già vania
e la causa della nostra morte
non era stata rinvenuta.

e calò la sera su la vigna d’oro
e tanto essa era oscura
che alle nostre anime apparve
una nevicata di stelle.

assaporammo tutta la notte
i meravigliosi grappoli.
bevemmo l’acqua d’oro,
e l’alba ci trovò seduti
sull’orlo della fontana
nella vigna non più d’oro.

o dolce mio amore,
confessa al viandante
che non abbiamo saputo morire
negandoci il frutto saporoso
e l’acqua d’oro, come la luna.

e aggiungi che non morremo più
e che andremo per la vita
errando per sempre.


sabato 26 settembre 2015

il canto di Prometeo e la danza di Eurydice

 un estratto dalla IV scena di Eurydice





IN SEGUITO ho massacrato le praterie di bisonti rettangolari li ho massacrati uno a uno col ghigno del desiderio per i loro scheletri.

IN SEGUITO dalla polvere una danza rindondante che risonò e squassò i pavimenti come fossero manichini: riappariranno le macchie e alla fine i buchi figli dell'abisso saranno riconosciuti.
degnamente. dogmaticamente.


IN SEGUITO la grande umidità i serbatoi le rupi un cartello fili di connessione la cravatta gli alberghi ancora una linea ancora una linea ancora una linea ancora dritta 
le iene le cose le case.
noi dentro.


IN SEGUITO le galassie una biblioteca tempesta tormenta bufera la genziana amara un ciclomotore l'autannientamento un vestito verde un vestito azzurro il vestito rosso.
dentro noi.


IN SEGUITO hai letto che tutto il mondo è d'accordo che l'attuale situazione di pace armata è insostenibile (gradatamente impossibile) hai pianto di nascosto hai ordinato risotto al pesce persico con abbondante burro brindando mi hai abbandonato.
seduto ancora seduto.

IN SEGUITO un demone arrivava dalle ali leggere di alabastro...



per lo spettacolo completo:
oppure

giovedì 17 settembre 2015

nox mea lux animi est


tutto è luce
il tempo è luce
accecante poiché il buio
è un dubbio il grigio
la sua bugia s'accasciano
le mie nenie notturne
un bicchiere d'amaro un testo
francese un mio adagio sbagliato
nulla è buio quanto la luce



venerdì 11 settembre 2015

quanto ora fa parte di me




io e te l'abbiamo visto
amos mi fissa e stringe
la mia mano muzungu alla soglia dei bananeti
sole africano e assorto
e io e te l'abbiamo visto
la bambina trascinava un fratellino per il sentiero del pozzo
come per gioco le strade rosse
palpitanti il peso sempre pericolante
dell'equilibrio semplice dei gigli
di campo mbuzi mbizzi
nkoko nakayemba emmanueli
una madre lo avvolge delle sue braccia
i passeri dell'etere
grida dante on the road in uganda
ma io e te l'abbiamo visto
era una meteora, dicevi, da una parte
del cielo all'altra o un fuoco senza nome
ha bruciato la notte alcuni istanti
e noi l'avevamo visto e forse
non solo io e te il buio
e tutta la plastica che sbuca qui
l'abbiamo visto così vicino sacro così
che non possiamo farne a meno
recedere la luna annuisce
di neve


mt 6, 26-34



per le foto un grazie a bakhita ferrari




mercoledì 2 settembre 2015

mazina kya ekisa




signore delle stelle del sud signore
omuganda la terra è rossa
e la città lontano il cielo
senza strepito qui a bethlehem 
di kyotera 9673 km dal mondo
che conoscevo dove l'orchestra del cosmo
si rinovella coro emu birri
ssatu ed armonia
your smile is a silencious star
maternità minore della bellezza
ssebo enjuba sulla terra rossa
l'aria odora di saccheggio (plastica
bruciata tra i venti caldi vaniglia)
è qui il mondo, omuzungu?
un dispensario tra le crepe delle foreste
il cielo che è azzurro poi bianco poi rosa poi
grigio orimulungi nnyo arrugginito qui
nessuna linea sull'equatore e la luna
è stanca gwelinnyaryo viviamo di memorie
superflue nnya ttaano
mukaaga dove la terra è rossa
come il vortice umano e delle acque inverta
risvolti il senso delle stelle del sud
lo hanno mostrato musanvu
munaana mwenda ne
kkumi un gallo misura col canto
paul in due metri quadri di sterco
e preghiere in the kingdom of heaven
un maiale in moto montare al macello
e sogno (il dilemma dell'uomo è sorto
col passare dall'esile questione della sopravvivenza
a quella seguente del senso
del fiore) sogno che narra di una ragazza fanciulla
che è fuori e chiede
"aprite" la chiesa non apre è fuori
ma la chiesa chiusa nella notte
lei attende nel nulla buio muliro
lei attende sola sopra le stelle sino al mattino
ha scelto sarà suora muliro muliro
che narra della sciarpa impolverata di un bimbo
mattina dell'assunzione durante la messa una predicatrice
grida su una collinetta grida e minaccia
la fine di cosa? ognuno è
una stella cadente ognuno ha una sola stella
ch'infiamma cadendo il mondo e un'anziana
mi si inginocchia come potessi salvare anche solo me stesso
io posso piangere
e abbracciare
come legna nella stufa
ogni giorno ogni look
and do likewise giorno sento i rumori
del villaggio sulla terra rossa webade il silenzio
di un cinema la grazia danza
webade a piedi nudi e sporchi
a passi nudi e polverosi di giraffa la mia strada
che verrà omuzungu n'omuganda.


note:
questa poesia non può che essere scritta anche in altra lingua.
per chiarezza riporto tuttavia una traduzione, per quanto sommaria, dei termini luganda presenti nel testo:
mazina kya ekisa: la danza della grazia; omuganda: ugandese; emu: uno; birri: due; ssatu: tre; ssebo enjuba: signor sole; omuzungu: bianco; orimulungi nnyo: sei bellissimo; gwelinnyaryo: il tuo nome; nnya: quattro; ttaano: cinque; mukaaga: sei; musanvu: sette; munaana: otto; mwenda; nove; ne kkumi: e dieci; muliro: fuoco; webade: grazie; omuzungu n'omuganda: un bianco e un ugandese.



mercoledì 22 luglio 2015

lezione di surrealismo n° 4: "noi rendiamo le luci felici" (miscellanea di a. breton)


più dolce del dolore di amare ed essere amato
ormai tocco soltanto il cuore delle cose ho in mano il bandolo
è giorno a sinistra ma è notte buia a destra
i pedali della notte si muovono ininterrottamente
gli uccelli si annoieranno
il mio cuore è un cucù per Dio
siamo i sospiri della statua di vetro che si solleva sul gomito quando l'uomo dorme
ma i nomi degli amanti saranno dimenticati
è l'azzurro. non hai niente da temere dall'azzurro
è più facile sbarazzarsi di una macchia di grasso che di una foglia morta
e la fiamma corre sempre
noi rendiamo le luci felici
cuore sentenza arbitraria

m'ha dato un'occhiata d'intesa
andré breton ha detto passa

V. Kandinsky, "Linee traverse", 1923


scriveva V. Kandinsky ne "Lo spirituale nell'arte":
"ogni opera d'arte è figlia del suo tempo, e spesso è madre dei nostri sentimenti.
analogamente, ogni periodo culturale esprime una sua arte, che non si ripeterà mai più. lo sforzo di ridar vita a princìpi estetici del passato può creare al massimo delle opere d'arte che sembrano bambini nati morti, prive di anima, come le imitazioni delle scimmie. [...]
attualmente però lo spettatore è quasi sempre incapace di emozioni. l'opera d'arte viene osservata con sguardi freddi e indifferenti. i conoscitori ammirano la fattura (come si ammira un acrobata) e gustano la pittura (come si gusterebbe una focaccia). le anime affamate restano affamate.
questa è arte che non ha avvenire, che è solo figlia del suo tempo ma non diventerà mai madre del futuro, è un'arte sterile; l'altra arte possiede invece una stimolante forza profetica, capace di esercitare un'influenza ampia e profonda.
la vita spirituale, di cui l'arte è una componente fondamentale, è un movimento ascendente e progressivo, tanto complesso quanto chiaro e preciso. [...]


la parola è un suono interiore e l'artista ovunque sa vedere la vita interiore".


non aggiungo molto altro, non ne sarei capace, ma sottolineo come dunque lo spettatore di questo secolo non può più rimanere come elemento passivo dell'arte, ma ogni forma artistica dovrà divenire frutto dell'ispirazione dell'autore e re-ispirazione del lettore

l'autore è ispirato nella creazione di un'opera, accostandosi alla quale il lettore dovrà dar vita a una nuova creazione, ri-creazione propria.
l'arte è così incrocio, dialogo, amore di due artisti, così finalmente lo spettatore si emanciperà divenendo protagonista attivo dell'evento artistico in atto.

per la ricerca di questa autenticità il mio linguaggio non sarà parlato, non sarà scrittura, ma sarà parlura, linguaggio interiore e intimo, parola sbrigliata e visiva, pensiero spontaneo e infantile.



mercoledì 15 luglio 2015

dis-moi quelque chose



non fatevi intimorire dalla lunghezza ma piuttosto datevi il tempo di lasciarvi trascinare dalla parola; aspettate almeno due minuti.
in questi versi ho voluto riprodurre il pensiero, questo pensare che non può essere inteso come un discorso intessuto ragionevolmente, ma è un fluire ininterrotto, un coro di voci di cui rimane solo il canto. perché l'illuminazione di un ordine cosmico s'infrange alle porte di un io scosso, forse l'io stesso viene meno, ma permane la sete di una voce, di un tu.

un grazie a quanti hanno collaborato: Anna Minotti, Alessandra Monti, Gisela Morante, Francesco Pini, Gianbattista Pini, Matteo Pini.





appoggiato a una panchina verde piazza vittoria
i passanti baldanti o tardi e leggeri
o lenti la freccia di qualche bicicletta il suo volo
catrame
che splende pure inespugnabilmente eburneo
gli sguardi il roboare storno di vetture vrooom
metalliche e tutto vrooom ha il suo tempo tutto
vrooom combacia con armonia (squilla
un messaggio) come una lira in mano a d-o
vrooom mi ha sussurrato clemente
d'alessandria con un cenno sottobanco
IL METRONOMO E IL COSMO mentre qui
(uozzàp) mormora
questo mio canto
santo affranto:

#
dis-moi quelque chose
nous courions nous
criions j'etait heureux
ce moment je me rappele mais
depuis
tutto quell'oro falso in grado di comprare un'intera vita
senza offrire un fiore
pareti bianche e pavimenti lucidi
i suoi lunghi ipnotici corridoi d'apnea
in cui ti ci specchi my curse my swan
non mi amavi neppure mi ricordi
ora καὶ πεσὼν ἐπὶ τὴν γῆν ἤκουσεν 
φωνὴν λέγουσαν αὐτῷ  dis-moi
quelque chose Σαοὺλ 
Σαούλ (fosfolipidi in gran misura)
der stein der stern ist
sternschnuppe anima vagula
blandula in your dirty
hands DIS-MOI
DIS-MOI QUELQUE CHOSE la morte
del cigno questo canto
merdre!
der stern der stein ist
steinbild in loca
pallidula rigida nudula
pelle del leviatano stesa all'ombra [di sé]
ma parla ma grida nella tua furia:
non ferrate i piedi dei prigionieri non!
quelli di hollywood attendono la sera per incontrare
le braccia glabre dei loro amanti
fosse possibile per un uomo semplice
solo
stringere i seni d'una dea bambina
poi spirando morire
fosse possibile!
s'il vous plait
the glass fallen from your big clumsy
hands il vino è a terra
היה הארץ יין
in nomine hominis amen
#

le rotte divengono linee a capofitto
(il y aura toujours une pelle au vent dans les sables du reve)
nella sera ascolto la nostra sesta
tu non ci sei più
e la lira scompare rimane
un appartamento di memorie
passano senza salutare
(ci sarà sempre una pala al vento nelle sabbie del sogno)
l'angoscia delle cose preme su un vaso di fiori
sfiniti e i miei occhi inchiodati su un materasso
troppo duro lo dicevi
tu
(il y aura toujours une pelle au vent dans les sables du reve)
colleziono anime morte in cassetti scassati
ne commercio con le mie valvole cardiache
coi miei occhi di nicotina questa
piazza è scomparsa
(siempre existera una pala al viento en las arenas de lo sueno)
tra le stelle marciapiedi hanno onde marine
hanno dune forse non ci sono neppure più
io ma incespica solo l'eco stonata
stanca del mio canto

dis-moi quelque chose

Yves Klein, Monocromo blu senza titolo, 1960